Questa mattina, all’età di 82 anni, è morto nella sua casa di Sassari il ternano Marzio Lepri, leggenda del calcio isolano, miglior cannoniere della Torres di tutti i tempi con 122 reti in 301 partite e in precedenza attaccante della Ternana. Un giocatore vecchio stile che sul campo prese talmente tante botte che, a seguito di un infortunio, da destro che era, fu costretto a reinventarsi mancino. Una volta, dopo uno scontro di gioco, finì addirittura in coma.
Lepri ha disputato varie stagioni fra la serie B e la serie C a Terni (dove era nato nel 1931) con la maglia della Ternana. Nel 1954 arrivò a Sassari per non andarsene più, sposando una figlia dell’allora presidente della Torres di quegli anni, Tonino Maccari ma conservando il forte accento ternano. Richiesto con insistenza da formazioni di serie superiore (tra cui il Cagliari), giurò eterna fedeltà alla maglia rossoblù della Torres.
Un calciatore leggendario in terra sarda, certamente uno dei ternani di maggior successo nell’isola: a Marzio Lepri, attaccante vecchio stampo dai piedi buoni, sono legate alcune delle pagine più belle della storia della Torres. La più memorabile resta la vittoria per 2-1 sul Cagliari all’Acquedotto, il 4 marzo 1962, ottenuta grazie a una sua doppietta.
In un sito dedicato alla storia della squadra di calcio Torres, ci sono alcuni suoi racconti: “Sono arrivato destro e diventato mancino. Colpa di un infortunio, credo un colpo ricevuto da un avversario: un muscolo della coscia destra mi si è praticamente spezzato, e allora ho imparato a calciare in porta col sinistro. Tutto sommato me la sono cavata bene”. Altri tempi, altro calcio; Lepri ha continuato a prendere botte per tutta la carriera: solo al volto rimediò, complessivamente, 54 punti di sutura. Sembra quasi il bilancio di fine carriera di un pugile suonato.
Particolarmente cruento l’esito di una partita contro il Foligno: un difensore lo colpì al naso con un violento calcio. “Non ricordo nulla racconta il bomber, solo di essermi risvegliato in ospedale dopo dodici ore di coma. Mi hanno detto che mio fratello Adalberto ha saltato la recinzione e ‘abbattuto’ chiunque gli si presentasse a tiro, poi mi ha preso di peso e portato via. Al ritorno, quelli del Foligno non hanno toccato palla”. Altri tempi, altro calcio.