Ast, Marini: ”Da Outokumpu dichiarazioni irricevibili”. Il dibattito in Consiglio comunale
Marini afferma che “il passaggio di proprietà dell’Ast di Terni da ThyssenKrupp alla società Outokumpu, ed ora ad un nuovo soggetto proprietario, non può essere considerata una vertenza analoga a quella di siti industriali in crisi. Il sito industriale delle Acciaierie di Terni, infatti è l’unico impianto di produzione di acciai speciali in Italia a ciclo integrato, e rappresenta un asset industriale strategico per il sistema Paese per la sua competitività. Per tale ragione, la giunta regionale umbra considera irricevibile trattare il futuro assetto proprietario dell’Ast di Terni alla stregua di una mera vicenda di mercato o, peggio ancora, di regole della concorrenza”.
Per la presidente dell’Umbria “è giunto il momento che il Governo italiano si avvalga dei poteri che i trattati dell’Unione Europea riservano ai Paesi membri a salvaguardia delle proprietà industriali e degli interessi nazionali considerati strategici” e annuncia quindi che domani avanzerà formale richiesta. “Domani, in occasione del consiglio comunale di Terni convocato per discutere della vicenda Ast, cui parteciperò assieme al sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che segue da tempo il ‘dossier Ast’ con competenza e responsabilità, formalizzerò la richiesta al Governo di assumere una diversa iniziativa nei confronti delle istituzioni europee, ed in particolare della Commissione europea, affinché si valuti la prevalenza della salvaguardia industriale e proprietaria nel territorio italiano, del ciclo integrato delle Acciaierie di Terni, compreso il Tubificio”.
“Considerato anche che nei prossimi giorni – aggiunge Marini – la Commissione europea è chiamata ad affrontare la definizione del piano siderurgico e la conseguente rilevanza della capacità produttiva dell’acciaio in Europa, è ancora più centrale per l’Umbria e per l’Italia affrontare la questione del sito di Terni come asset industriale fondamentale per il nostro Paese. Non basta più ricevere garanzie sul mantenimento di adeguati livelli occupazionali. Occorre invece difendere la forza industriale, strategica e innovativa dell’Ast, con particolare riferimento alle capacità e quote produttive del sito di Terni. Per tale motivo – sottolinea la presidente della Regione Umbria – chiederò al Governo, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, di respingere le questioni poste dalla società Outokumpu che sono volte alla tutela degli interessi produttivi di altri Paesi europei e di altri impianti produttivi, ai danni di Terni e dell’Italia”.
“Domani – aggiunge la presidente – al termine dei lavori del Consiglio comunale di Terni, d’intesa con le altre Istituzioni territoriali umbre, formalizzerò la richiesta al Governo ed al Presidente del Consiglio Letta, di assumere una forte iniziativa istituzionale, definendo una posizione comune delle Istituzioni italiane da far valere in sede europea. Non sarà una multinazionale a definire, infatti, le strategie industriali di una Regione e di un Paese. Peraltro – conclude Marini – i Trattati dell’Unione permettono al nostro Paese di assumere ogni utile iniziativa a salvaguardia del valore straordinario dell’impianto industriale di Terni per le sue specificità tecnologiche, produttive, di innovazione e ricerca”.
Consiglio comunale. Ieri pomeriggio in Consiglio comunale, nella seduta straordinaria dedicata alla vertenza Ast, sono intervenuti i gruppi consiliari di maggioranza e d’opposizione. Oggi la conferenza dei presidenti dei gruppi elaborerà un atto comune che sarà portato all’attenzione del consiglio nella seduta di venerdì.
Questa la sintesi degli interventi:
“Purtroppo – ha detto Enrico Melasecche (Udc) – credo che alla fine le logiche restino la stesse da anni, come avvenne per il magnetico. Mi auguro che il Governo, nella persona del presidente del consiglio, tenga conto che questa vertenza, al pari di quella di Taranto, è un problema nazionale per il presente e il futuro del Paese. Occorre mettere in campo se necessario anche la Cassa Depositi e Prestiti – ha aggiunto il consigliere dell’Udc – in una logica però molto diversa da quella delle vecchie partecipazioni statali: occorre una presenza dello Stato per stare nel Cda e controllare le scelte, per chiedere rispetto non solo per il nostro territorio, ma per la politica industriale del Paese”.
Per Giampiero Amici (Pd) la presa di posizione di Outokumpu potrebbe avere anche degli aspetti positivi, “ma questa nuova situazione deve essere colta dalle istituzioni nazionali per assumere un ruolo diverso nella vicenda, altrimenti c’è il rischio che l’azienda vada verso una costante perdita di mercato. Ci sono diversi modi per creare condizioni di sciacallaggio e questo che stiamo vivendo è uno di quelli. E’ allora necessario che il Governo, non solo come ministero dello sviluppo economico, ma come presidenza del consiglio, prenda in mano la questione e stabilisca in quali settori lo Stato deve essere presente e come sviluppare una concreta politica industriale. Tra le ipotesi c’è anche quella di un intervento diretto dello Stato, con una modalità nuova e diversa rispetto al passato che consenta al Governo di stare dentro queste vicende, affinché abbia un potere contrattuale”.
Giuseppe Boccolini (Psi) ha sottolineato come il nostro territorio stia correndo dei rischi drammatici: “Occorre che la vertenza Terni venga assunta dalla Presidenza del Consiglio, soprattutto in una situazione d’incertezza, come quella attuale, in cui non conosciamo quale sarà il nuovo scenario e non sappiamo se ci sono altre offerte”. Boccolini ha anche sottolineato come il Consiglio comunale abbia avuto la forza di rimettere al centro dell’azione politica la tutela della maggiore azienda del territorio e dunque del lavoro. “In questa fase – ha detto – rischiamo che ci portino via non solo i bulloni, ma anche noi stessi: occorrono lotta e proposta politica. In questo senso la cassa depositi e prestiti potrebbe essere uno strumento nuovo da utilizzare in questa vicenda”.
Riccardo Giubilei (Pd) ha ringraziato la presidenza del consiglio per aver organizzato le sedute dando modo ai consiglieri di approfondire l’argomento. “Il quadro disegnato dagli interventi tecnici, molto lucidi e professionali, è fosco e preoccupante: la Commissione Europea era stata molto chiara nel garantire che nella fase della vendita non si sarebbe dovuto svantaggiare il sito di Terni. Questo non sta accadendo e perdere altro tempo sarebbe ancor più dannoso. Uno dei modi per venir fuori da questa partita è la velocità della vendita, perché è chiaro che in questa fase il nostro sito è oggetto di manovre speculative. Va bene investire della vertenza la presidenza del Consiglio ma non appare opportuno sottovalutare il lavoro effettuato dal ministero dello sviluppo economico. Ancora una volta – ha concluso Giubilei – il Consiglio comunale mette la freccia e supera con quest’iniziativa un esecutivo immobile”.
Per Alessio Cicioni (Pd) da quanto sta accadendo “emerge uno scenario di guerra, una guerra che si combatte non con gli eserciti, ma a livello economico e politico in ambito europeo. La questione Terni sta assumendo dunque una valenza di livello nazionale e non può che essere seguita a questo livello”.
Per David Tallarico (PTca) in una fase drammatica come l’attuale serve una riflessione seria e più attenzione anche da parte della città. “La produzione Ast, in questi mesi d’incertezza si sta riducendo: il depotenziamento del sito è già in atto e tutto questo sta avvenendo nell’ambito di una guerra europea in cui ogni stato difende il suo orticello”.
Paolo Garofoli (GM) ha sottolineato come sia più che mai necessario per il Paese porre in essere una seria e concreta politica industriale, che vada ben al di là delle dichiarazioni mediatiche o di principio. Garofoli, anche in riferimento al territorio, ha parlato ad esempio delle condizioni di base per l’attività industriale, come il prezzo e la disponibilità dell’energia. “Occorre inoltre, se si considera strategico il settore siderurgico, porre le industrie nelle condizioni di operare a livello di competitività, con la tassazione, con un disegno strategico generale. Il tema è rimettere al centro dell’agenda l’identità industriale del nostro Paese e intervenire oltre la rassegnazione e il fatalismo. Dobbiamo riportare al centro dell’attenzione la vertenza Ast – ha concluso Garofoli – perché è questo il tema centrale per il nostro territorio e non quello del teatro Verdi, perché di siderurgia rischiamo di morire. Dobbiamo far capire al Governo che Terni non deve essere abbandonata, ma anche che non abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali: qui abbiamo un’eccellenza e chiediamo solo di continuare a lavorare”.
Antonio Baldassarre (LB) ha detto che occorre partire dalla posizione espressa dall’Antitrust, “una posizione che non si potrà spostare. Le dichiarazioni di Outokumpu possono anche essere anche un tentativo dei finlandesi di rialzare il prezzo, ma ad oggi non abbiamo elementi per valutare. L’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, invocato da qualcuno, non appare credibile: il denaro gestito dalla Cassa deve infatti avere un ritorno a breve e non credo che nella situazione in cui siamo si possa attendere un ritorno importante neanche a medio termine dall’attività di Ast. In questo senso anche un intervento dello Stato per le spese d’investimento non è certo semplice. Un’iniziativa credibile – ha concluso Baldassarre – è senz’altro quella di chiedere un intervento politico del Governo e dei commissari italiani verso l’Europa, con un impegno forte e serio”.
Mangialardi. In un’articolata analisi Franco Mangialardi del movimento “Alleanza e Rinascita” (che ha già fatto sapere di voler dar vita ad una lista alle prossime elezioni comunali) propone un intervento pubblico: “Qualora non si addivenisse ad un accordo tra le richieste dell’attuale proprietà e le eventuali proposte degli acquirenti e qualora da parte pubblica non si ritenessero accettabili le politiche industriali delineate, l’attività di vendita dovrebbe passare direttamente all’Autorità europea. In tale prospettiva la soluzione dovrebbe essere quella di una negoziazione cogestita tra Bruxelles e il Governo italiano per meglio ottimizzare l’evoluzione futura dell’Ast”.
“Il Governo – continua Mangialardi – può assumere allora le stesse posizioni di altri governi europei quando si è trattato di garantire interessi industriali nazionali vitali. Vi è una strada percorribile per un Ast, public company, un Ast autonoma e con suo particolare piano industriale. La strada può essere indicata, proposta dalla Cassa Depositi e Prestiti. Peraltro al Governo non mancherà l’immaginazione per esaminare anche altre potenzialità se effettivamente si vuole assumere un atteggiamento oltre quello notarile”.
“La Cassa – scrive ancora Mangialardi – qualora intervenga partirà ovviamente dalla valutazione sulla fattibilità, congruità, possibilità di realizzazione del progetto Ast (come ‘public company’) complessivo esaminato in tutte le parti e condizioni e con il parallelo esame del piano industriale ed anche una valutazione/ricerca di possibili partners a livello nazionale e internazionale che possono successivamente accompagnare Ast in Borsa”.