Ast, vescovo Terni: ”Da piano Tk conseguenze dolorosissime”. Italia Nostra: ”Commissariare azienda”
“Oltre 500 famiglie – dice padre Piemontese – nel giro di qualche mese si ritroveranno senza sostentamento dopo l’estromissione dalla fabbrica e il licenziamento di altrettanti operai”. Il vescovo manifesta “vicinanza e solidarietà” anche “a tutti i lavoratori di altre aziende che rischiano il posto di lavoro”, e afferma che “non ci sono soluzioni univoche ai problemi”. “Invitiamo la proprietà – prosegue riferendosi a Thyssenkrupp – a riconsiderare il piano industriale nella prospettiva del rilancio insieme alle varie parti sociali. Chiediamo alle istituzioni e al Governo nazionale e regionale di non lasciare soli i lavoratori, le loro famiglie e la nostra città, già duramente provata dalla crisi e dalla disoccupazione. Vogliamo esprimere la speranza che si possano ancora trovare soluzioni che abbiano come priorità il lavoro e le persone, che hanno contribuito negli anni allo sviluppo e al prestigio dell’Acciai speciali Terni, fabbrica all’avanguardia nella produzione di acciaio”.
Secondo padre Piemontese possono “risultare utili” le parole di Papa Francesco in occasione dell’udienza per i 130 anni dell’Ast: “Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! Pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà. Questa solidarietà umana che assicura a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa”.
“Insieme alla solidarietà e alla vicinanza alla grande famiglia dell’Ast e delle altre fabbriche in crisi – afferma padre Piemontese -, rivolgo l’invito alla comunità cristiana, soprattutto i bambini, i malati, le monache di clausura, a pregare lo Spirito Santo perché illumini tutti i soggetti coinvolti, susciti la speranza, aiuti a sperimentare la Provvidenza di Dio Padre. Durante le messe di domenica si preghi per questa intenzione”.
ITALIA NOSTRA Molto duro l’intervento del presidente di Italia Nostra Terni, Andrea Liberati, nei confronti del management di Ast (in particolare l’ex ad Marco Pucci e il nuovo ad Lucia Morselli di cui chiede la rimozione) e della maggior parte della politica locale. L’associazione chiede il commissariamento dell’azienda portando ad esempio il caso dell’Ilva di Taranto.
Scrive in una nota Liberati: “Scaricati? E’ l’esito ampiamente annunciato di un infinito gioco di specchi, amplificato dalla crisi sistemica dell’industria pesante in Occidente, dai giochi finanziari, dall’assenza dell’Europa e dalla mancanza di nuove prospettive in loco, salvo le diffuse capacità nel friggere l’aria. Ed è la seconda volta in dieci anni che i tedeschi si permettono di fare e disfare, senza render conto di alcunché” facendo riferimento alla chiusura del reparto magnetico.
Prosegue Liberati: “D’altro canto, da molti lustri, a fronte di un salario spesso appena sufficiente a sopravvivere, e che oggi si vorrebbe addirittura decurtare, consentiamo a lorsignori di ammorbare l’etere, di contaminare i suoli e le acque, senza rispetto per le leggi e per noi stessi, come in un amore sbagliato, dove l’uno domina e l’altro subisce sempre: a maggior ragione era impossibile un soprassalto di riguardo nei confronti dei lavoratori, delle nostre famiglie, di questa afona comunità”.
“Doveroso altresì qui ricordare – aggiunge il presidente di Italia Nostra Terni – il contegno masochistico assunto da magna pars della debole apicalità locale: da un lato, del tutto indifferente al tema delle risorse europee, nazionali ed eventualmente regionali da destinare all’ambientalizzazione delle produzioni e alla salute dei propri cittadini, viceversa già ottenute da Taranto e Piombino; dall’altro, nomenclatura inopportunamente servile verso dirigenti, pure italiani, in ogni caso responsabili delle perdite più o meno pesanti sin qui cumulate. Ora che taluni manager hanno ‘deciso’ di lasciarci, non prima di aver ipocritamente celebrato 130 anni di storia, desidereremmo chieder loro a quale codice morale abbiano improntato le proprie condotte professionali e per quali motivi un siffatto e prolungato fallimento gestionale, senza un credibile disegno strategico, dovrebbe ora ricadere sulle maestranze, mentre quegli al contempo ricavano bellamente lucrose buonuscite e nuovi incarichi. In un quadro simile è consequenziale attendersi niente di più dell’agonia pluriennale in salsa teutonica proposta dalla Morselli, neo a.d. Tk-Ast”.
Liberati chiede quindi un commissariamento di Ast: “Il destino tuttavia non sarebbe segnato qualora affiancassimo all’imminente testimonianza sindacale lo stesso spirito visionario e pioneristico che ha consentito a questa città di risorgere sempre dalle sue ceneri: conformemente alle normative vigenti, ex lege 89/2013 (‘Ilva bis’), l’azienda, una volta riconosciuta di interesse strategico nazionale, deve essere commissariata dal Governo per le plateali criticità emerse sul fronte ambientale, spesso sin qui ignobilmente minimizzate; per il tempo necessario torni dunque lo Stato a dirigerla, continuando la produzione e risanando in primo luogo le discariche di Pentima e Valle – i cui metalli pesanti e cromo VI avvelenano le falde dell’area, come messo per iscritto nei report prodotti non solo da Ispra e Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente – aggiornando l’impiantistica in modo tale da contenere al massimo gli inquinanti, a iniziare dalle emissioni diffuse, e procedendo senza ulteriori indugi al recupero scorie: se è vero che ogni milione di euro assegnato alle ineludibili attività green genera statisticamente dai 10 ai 15 posti di lavoro, ci sarebbe ancora lavoro per molti”.
In conclusione scrive Liberati: “Altro che ‘scaricati’: si rovesci il tavolo, commissariando l’azienda, rimuovendo la dirigenza TK, gruppo che, in Italia, da tempo non pare aver più niente da dire, specie dopo i fatti di Torino, tragica faccia di una stessa storia, di un modello pericolosamente privo di alternative, specie in un contesto locale generalmente asfittico, perdurando il mancato affiancamento a Terni di attività fortemente strutturate ma sostenibili, pur essendovi tale territorio naturaliter vocato”.