Chronicle, la recensione: come si fa a produrre un’assurdità simile?
Di Luca Fabbri
Che sesquipedale panzana. Ma come si fa a produrre assurdità del genere? Ci prendono per i fondelli? Chronicle ha in orrore l’intelligenza dello spettatore. Può anche divertire, per carità, ma solo a momenti. Poi, una volta capito che il film è irrimediabilmente destinato a finire in vacca, l’interesse scema, lo sbadiglio arriva e la rabbia per i soldi buttati nel w.c. monta.
Volendo dare un colpo al cerchio e uno alla botte, si può dire che, in fondo, si tratta della solita storiellina sui superamici dai superpoteri, se ne sono viste tante, senza stare a scomodare i pistola della Marvel. Non è la prima né l’ultima, ecché sarà mai. Ma alle volte il troppo è troppo. Quello che infastidisce per davvero, oltre alla fragilità della sceneggiatura, è l’insopportabile moda del “found footage” che impazza dai tempi di The Blair Wich Project. La telecamera che balla, l’inquadratura studiata per riflettere ciò che un personaggio vede con i suoi occhi. Qualcuno spieghi a quelli di Hollywood che il giochino ha rotto l’anima, con questo andazzo lo propineranno anche nel nuovo Sex And The City.
E’ una tecnica che può pure riuscire ma bisogna andarci piano. Altrimenti si cade nel paradosso: un film non può essere infestato di gentaglia inutile, di bamba, che se ne vanno in giro con la telecamera solo per offrire al regista il pretesto per realizzare l’opera come se fosse un prodotto amatoriale. Le strade non pullulano di nerd che con la cinepresa appresso.
Nel caso di Chronicle poi il muro del ridicolo è abbondantemente distrutto. La telecamera alle volte vola, leggiadra, lassù nel ciel, mossa – questo almeno è quel che si capisce – con la forza del pensiero dai protagonisti. Sì perché la storia è grossomodo così: tre ragazzotti sfigati, un po’ orsi, un po’ scacciafemmine, insomma tre rifiuti della società, una sera vanno a un rave party e anziché spaccarsi di sesso o di droga come farebbe qualsiasi coetaneo, si infilano in una caverna radioattiva (!) che, magia delle magie, conferisce loro dei superpoteri. Telecinesi e volo alla superman compresi nel prezzo.
Dice: e che ci fanno con questo ben di Dio? Sfilano la cadrega a Barack Obama? Rapinano bancomat e si godono il bottino? Vincono la Champions League giocando in tre contro il Barcellona? Si arricchiscono facendo i fenomeni da baraccone in barba a chi sgobba al college? Vanno in tv da Fazio a dir banalità davanti a milioni di persone? Macché, non gli passa neanche per l’anticamera del cervello. Questi salami si danno al cazzeggio, scaraventano il prossimo contro gli scaffali del supermercato con le onde della mente, giocano a football svolazzando sopra alle nuvole, spostano col pensiero auto nei parcheggi per disorientare il malcapitato che torna a riprendersele, spaventano bambini con pelouches mossi da fili invisibili. Fanno candid camera. Dei poveri. Fino al punto che, dai e ridai, il lato oscuro di uno dei tre prende il sopravvento. Aiuto, si salvi chi può.
L’uso dei superpoteri per fini personali e poco opportuni, va detto, può intrigare. Sennonché le attività dei tre protagonisti riflettono appieno la loro condizione di imbecilli patentati, ben esemplificata dai dialoghi, puerili come non mai. Appena dieci minuti si fanno apprezzare per il sarcasmo dei barbatrucchi e degli scherzetti dei (simpatici?) burloni. Il resto è spazzatura. Domanda: come avrà fatto questo film, il cui unico pregio è di durare poco più di un’ora, a conquistare parte della critica americana e del pubblico? Vallo a sapere. E’ vero, può sembrare impossibile, ma in giro c’è di peggio. Anche di meglio però.
Voto: 2