Emergenza frane in Umbria, 103 aree a rischio. In 20 anni spesi 550 milioni di euro
Sulla base del presupposto che le frane e il dissesto nel territorio sono “vere e proprie emergenze per l’Umbria – ha ricordato Vinti – vengono date indicazioni vincolanti ai Comuni per la nuova pianificazione urbanistica”. “Le frane – ha detto l’assessore – sono una realtà con cui l’Umbria convive da sempre, in quanto per motivi geologici sono una componente imprescindibile del territorio, che a parte il riattivarsi per eventi meteorologici estremi o terremoti, in condizioni ordinarie sono controllabili con adeguate azioni di prevenzione”.
Proprio in merito al governo del territorio, è stato ricordato che negli ultimi 20 anni la Regione Umbria ha speso 550 milioni di euro, con 400 interventi risolutivi realizzati, e 82 aree a rischio messe in sicurezza, a fronte delle 185 totali. Secondo quanto sottolineato da Vinti, ne restano quindi ancora 103 per il completamento della messa in sicurezza del territorio regionale, ed “in base ad una proiezione a medio-lungo termine della spesa ancora necessaria – ha spiegato l’assessore – questa si aggira intorno ai 180 milioni di euro”. “Questi soldi – ha detto Vinti – la Regione non li ha e quindi non può essere lasciata da sola, con il Governo che quindi deve intervenire con una scelta politica forte mettendo sul tavolo un grande piano nazionale di messa in sicurezza di tutto il territorio del Paese”.
In relazione alla coesistenza di numerose banche dati sulla pericolosità da frana, aggiornate e complementari, l’obiettivo della recente delibera regionale, come è stato evidenziato, è soprattutto quello di fornire agli enti locali precisi indirizzi per un corretto utilizzo dei dati nella pianificazione territoriale. I tre principali livelli informativi che dovranno essere obbligatoriamente considerati e che descrivono la franosità dell’Umbria sono l’inventario Iffi (Inventario fenomeni franosi), il Pai (Piano stralcio per l’assetto idrogeologico) e l’Atlante dei siti di attenzione per il rischio idrogeologico da frana.
Secondo i dati forniti stamani, l’8,7% del territorio collinare-montano è in frana, un valore in linea con la media nazionale (8,9%), con una superficie totale instabile pari a 651 chilometri quadrati ed un numero molto elevato (34.545) di singoli eventi franosi, che frequentemente ricadono all’interno di frane madri più antiche, e per la maggior parte quiescenti (73%) e riferibili a frane a cinetica lenta (88%).
Il rischio maggiore si genera ovviamente quando la pericolosità da frana si riscontra in territori abitati, e può essere di vario grado a seconda della ricorrenza e intensità delle frane e della vulnerabilità dei beni esposti. Sotto questo profilo il PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere, in cui ricade il 95% del territorio regionale, delimita e vincola in Umbria 185 aree esposte a rischio di frana elevato o molto elevato e riconosce 63 aree a rischio medio, la cui disciplina è demandata alla Regione.
“In Umbria l’abbondanza di frane quiescenti – ha sottolineato l’assessore Vinti – configura uno scenario di attesa su cui le condizioni meteo-climatiche possono provocare riattivazioni, anche con gravi danni al patrimonio antropico, come è accaduto nel novembre 2005 e più recentemente nel novembre 2012. Prevedere gli scenari di riattivazione è una sfida ancora aperta, per le numerose variabili in gioco legate sia alle forzanti meteorologiche che alle frane stesse, ma sicuramente non può prescindere dalla conoscenza della frequenza storica degli eventi franosi nel territorio regionale. Sotto questo aspetto, in Umbria si contano ad oggi 266 ambiti urbanizzati maggiormente esposti a ricorrenza storica di frane, catalogati dal Servizio Geologico e Sismico”.