Ex istituto scolastico Orsoline, ombre su vendita e demolizione. Italia Nostra chiede spiegazioni
Ombre sulla demolizione dello storico edificio scolastico delle suore Orsoline avvenuta a metà 2008. L’immobile nel 2003 venne ceduto dalle suore Orsoline di Parma all’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Terni (IDSC). Fu stabilito un prezzo inferiore a quello di mercato in quanto l’IDSC si impegnava a effettuare lavori di restauro. Invece, solo 3 anni dopo e senza che fosse mai stato riqualificato, fu ceduto ad un impresa edile che lo demolì per far posto alla realizzazione di un nuovo complesso residenziale-commerciale. A scoprire i dettagli della vicenda e sollevare dubbi con tanto di documenti è Italia Nostra di Terni.
LA VICENDA – In origine l’edificio che ha ospitato per decenni l’istituto scolastico delle Orsoline fu donato dalla famiglia Eustachi alla Curia vescovile ternana nei primi del ‘900 affinché nella struttura fosse iniziata e portata avanti un’opera d’insegnamento ed istruzione. Fu così che nel 1924 l’allora vescovo di Terni, Monsignor Cesare Boccoleri, invitò la congregazione delle suore Orsoline, fondata a Parma nel 1575, ad avviare a Terni un’opera di formazione. In un primo momento, le suore aprirono con grande successo una scuola di lavori femminili e di pittura, che risiedeva prima in via del Tribunale, poi in via Aminale ed infine in via Faustini. Nel 1936 l’edificio di via Nazario Sauro, della famiglia Eustachi, fu ceduto dalla Curia alle suore dove fecero sorgere prima la scuola dell’infanzia ed elementare e poi la scuola media e quella per Segretarie d’azienda. L’opera di formazione e istruzione scolastica delle Orsoline proseguì nel corso degli anni (negli ultimi anni di vita dell’edificio, prima della sua demolizione, l’istituto ospitava solamente la scuola dell’infanzia e la scuola elementare), fino ad arrivare al 2003 quando l’IDSC avanzò una proposta d’acquisto che venne poi formalizzata nel giugno della stesso anno attraverso una scrittura privata notarile sostituendo la vecchia proprietà delle Orsoline con quella nuova dell’Istituto diocesano.
L’edificio fu acquistato per un cifra di 1.549.370 euro, somma che teneva conto delle interventi di restauro e adeguamenti, riportatati anche nella scrittura privata, che la parte acquirente avrebbe dovuto eseguire sull’immobile per la sua riqualificazione. Oltre a ciò, fu deciso anche la modalità di versamento della somma, in quattro diverse tranche da corrispondere alla suore. Il 3 gennaio 2005, però, solamente 72 ore dopo il pagamento dell’ultima tranche della somma concordata alla vendita, l’IDSC decise di vendere l’immobile. Per la vendita interpellò prima il Prefetto, in quanto per edifici di tale importanza lo Stato italiano ha diritto di prelazione, e poi, visto il disinteresse riscontrato, nel giugno del 2006, attraverso un atto notarile, si accordò con l’impresa edile Baldelli per la cifra di 1.969.000 euro, con una plusvalenza quindi di 290 mila euro, considerando l’imposizione fiscale del 30% sulle somme pervenute.
I DUBBI AVANZATI DALL’ASSOCIAZIONE ITALIA NOSTRA – I dubbi di Italia Nostra riguardo l’intera vicenda sono concentrati su due fattori: l’importo della prima alienazione, tra le Orsoline e l’IDSC, e quello della seconda, avvenuto nel 2006, tra lo stesso IDSC e l’impresa edile Baldelli, e il non aver rispettato le disposizione riportate nella scrittura privata che prevedevano la riqualificazione dell’intero edificio. Molti sono i quesiti rivolti dall’associazione all’IDSC per far lumi sull’intera vicenda, soprattutto in merito ai due fattori evidenziati pocanzi e riportati in un comunicato stampa, che ad oggi non hanno trovato ancora risposta dall’Istituto diocesano. A seguito del silenzio dell’IDSC, Italia Nostra ha inviato una lettera aperta allo stesso istituto invitando i membri a rispondere ai loro quesiti e, qualora non arrivasse alcuna risposta, di lasciare il loro incarico:
“Italia Nostra non ha sin qui ricevuto risposta dall’Istituto diocesano per il sostentamento del clero (IDSC) di Terni rispetto alle riflessioni proposte nei giorni scorsi sulla vendita del palazzo delle Orsoline alla luce dei nuovi documenti emersi. Sarebbe sufficiente chiarire alcuni punti precisi. Come recita la nota di trascrizione allegata sulla relativa scrittura privata – settembre 2003 – della compravendita tra Istituto Orsoline e IDSC, recuperata presso l’Agenzia del Territorio di Terni: ‘(…) Tale prezzo (€ 1.549.370) tiene conto degli interventi di restauro e adeguamenti che la parte acquirente dovrà eseguire sul predetto immobile (…)’.
Dunque l’IDSC di Terni avrebbe acquistato dalle Orsoline a quella cifra proprio perché il patto tra le parti prevedeva un’importante riqualificazione strutturale a opera dello stesso Istituto. Il rogito Orsoline-IDSC avvenne il 20 settembre 2003. L’IDSC versò il prezzo in quattro fasi. Tuttavia, appena 72 ore dopo l’ultimo pagamento alle Orsoline – era il 31 dicembre 2004- l’IDSC cambia tutto e, anno nuovo, decisione nuova, il 3 gennaio 2005 l’IDSC comunicò con una nota al Prefetto la volontà di alienare l’immobile. L’IDSC si appellò al Prefetto, perché lo Stato può esercitare diritto di prelazione. Ma lo Stato si rivelerà non interessato. Non dimentichiamo però che la famiglia Eustachi aveva devoluto quei terreni a fini educativi, molti decenni prima. Vi si insediarono le Orsoline di Parma.
- Perché, dopo soli tre giorni dal compiuto pagamento, l’IDSC decide di sbarazzarsi di un immobile acquistato a prezzo di favore anche grazie al preciso impegno a restaurarlo, così come acclara la scrittura privata?
- L’IDSC, nel vendere l’area a un’impresa edile, ha tenuto conto degli intenti educativi del lascito Eustachi?
- Perché l’immobile viene ceduto dall’IDSC a un prezzo giudicato basso secondo oggettivi parametri di mercato, con una modesta plusvalenza generata a vantaggio del sostentamento dei sacerdoti e, soprattutto, a fronte del notevole esborso di nemmeno tre anni prima?
- Perché, se proprio si voleva vendere il bene, non è stato predisposto un bando pubblico per l’alienazione così da favorire al massimo il sostentamento dei sacerdoti, mettendo a gara le imprese con possibili rilanci sul prezzo, così come altri IDSC d’Italia fanno trasparentemente da anni?
- L’Istituto centrale per il sostentamento del clero di Roma aveva cognizione di queste operazioni, ammesso che la Santa Sede le abbia autorizzate tutte, come prevedono la normativa nazionale e il diritto canonico, presumibilmente su precise ma susseguenti contraddittorie finalità?
- Perché l’IDSC di Terni non rende trasparentemente noti gli atti, con le relative date, riguardanti le eventuali richieste di tali autorizzazioni presso il Vaticano?
- Perché nel board IDSC seggono alcuni protagonisti di un episodio tuttora discusso, visto quel che è accaduto dopo l’alienazione di tale bene, con una ferita inferta al patrimonio morale e materiale di tutta la comunità?
Attraverso tale lettera aperta Italia Nostra formula domande dirette e puntuali. Se si ritenesse di non poter o dover rispondere, chiediamo ai membri IDSC di lasciare l’incarico”.