Giovani: piagnisteo infinito di scansafatiche in pantofole con l’alloro in testa
Vogliono studiare all’università lontano da casa perché si sa, nella propria città si annoiano. E allora armi, bagagli e soldini dei genitori e via verso altre mete. E dove vanno? Nelle università più rinomate che vantano professori illustri e insegnamenti prestigiosi? Macché, ma chi se ne frega. La scelta dell’ateneo è basata sulla movida notturna delle città, il resto sono dettagli.
Prendete un 18enne e chiedetegli di quali professori si appresta a frequentare le lezioni. Se vi è andata bene vi avrà ruttato in faccia un lungo, sonoro e interrogatorio “booh”. Ecco, ora provate a chiedergli quali locali notturni frequenterà da universitario. Visto? Su questi ultimi si è già ampiamente documentato, ha chiesto ad amici più grandi, cugini, e sconosciuti pescati su Facebook. E allora eccoli qua gli universitari, parcheggiati sulle scalette del duomo di Perugia, tutte le sere fino a notte fonda. Ah, che eccellenti ridanciani bivaccatori. Se fossero pagati per scaldare il marmo con le proprie natiche sarebbero già ricchi capitalisti. Che straordinari manichini per l’indosso di pantofole, da togliere, con fatica, solo verso le 22 per tornare sulle scalette e “da Celentano che c’ha le birre a poco”.
Una vita perfetta, per loro, se non ci fosse l’impiccio di sostenere gli esami. A tal proposito il 18 politico è stato una grande trovata. Il professore che non lo applica ovviamente è “stronzo”. Piano piano, poco poco, direbbe Crozza-Marzullo, riescono comunque ad essere promossi anche da “stronzi” e soprattutto scoraggiatissimi professori. Dopo cotanto sforzo, intorno ai 27 anni, hanno finalmente “il pezzo di carta” e reclamano, pretendono, esigono subito un lavoro. Un lavoro qualsiasi ma che abbia una specifica caratteristica: prima ancora che una professione di loro gradimento vogliono un “posto fisso”, a tempo indeterminato, garantito a vita. Dipendente pubblico: questa è la massima aspirazione. Come ci ha confermato un servizio delle Iene, alcuni di questi indispensabili funzionari, coccolati da sindacati e tutelati da una giungla di premurose leggi, timbrano il cartellino e invece di salire in ufficio se ne vanno al bar, in banca, al supermercato. Un vero sogno per gli ex scalda-marmo che guardano estasiati la dolce vita di quei parassiti della società.
Prendete un neolaureato e chiedetegli: che lavoro sai fare? Come potresti essere utile nelle aziende italiane? Con ottime probabilità vi sparerà un pistolotto sul fatto che lui ha studiato e per questo deve essere premiato (forse beatificato), che non sa fare nulla di pratico perché non glielo hanno insegnato in quello schifo delle università italiane e che la formazione deve essere a carico del datore di lavoro che, secondo lui, dovrebbe assumerlo proprio perché laureato ma poi dovrebbe pagargli l’insegnante di sostegno visto che in 27 anni non ha imparato nulla.
Maledetti i padri costituenti nel momento in cui gli venne in mente di fondare una repubblica sul lavoro. Mai appiglio fu più abusato da scansafatiche in pantofole con l’alloro in testa.
Ah, eccoli, già li vedo, indignati per aver trovato qualcuno non disposto a commiserarli, accigliati e già carichi di odio verso l’estensore di un così ardito pensiero. Sfigati bamboccioni di tutta Italia, smettetela di digrignare i denti, in pigiama, di fronte ad un monitor. Piuttosto svegliatevi. Rimboccatevi le maniche, provate a lavorare in proprio, a fondare una cooperativa, a mettervi in gioco, a rischiare qualcosa ma smettetela una volta per tutte di chiedere in elemosina “un posto” di lavoro. Forse vi andrà bene e riuscirete a costruirvi una professione gratificante. Magari vi andrà male e vi ritroverete alla casella di partenza, ma almeno avrete smesso i panni di piagnucolosi questuanti.
Ma non c’è da illudersi: in questo Paese chi si piange addosso, si proclama vittima del sistema e snocciola le nefandezze della classe politica italiana viene sommerso da compiaciuti applausi. Chi sceglie di guardare in faccia la realtà e di descriverla per quella che è, si becca le pietre in faccia e l’ira dell’esercito di salvezza del politicamente corretto. Scomodando Brecht: “Mi sedetti dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati”.