Gli operai di Terni e la crisi: pessimismo, tagli ai consumi e sfiducia nel sindacato
Tre intervistati su quattro (74,3%) hanno dichiarato di aver ridotto le spese ritenute non necessarie, mentre uno su quattro ha ridotto anche i consumi necessari (22,8%), con in primo luogo la spesa per le bollette e il riscaldamento, l’alimentazione e i trasporti. In merito al rinvio o alla rinuncia a progetti che si aveva in mente di realizzare a breve/media scadenza, il primo taglio riguarda le vacanze (44,3%), il secondo l’acquisto o la ristrutturazione della casa (30%), il terzo la moto o l’auto (15,7%).
Negli ultimi anni quasi due intervistati su tre hanno dichiarato di aver fatto un altro lavoro nel tempo libero (73,8%) e il 10% ha ammesso di aver lavorato anche in periodi di cassa integrazione. All’esigenza di integrazione del reddito si è cercato poi di far fronte anche ricorrendo all’aiuto dei parenti, come ha ammesso un quarto degli operai intervistati.
Per quanto riguarda i rapporti interpersonali, invece, a prevalere è una percezione di continuità rispetto al periodo precedente alla crisi, in particolare per quanto riguarda i rapporti con i colleghi (per l’85% sono invariati, e solo per il 5% peggiorati). Sale invece il numero di coloro che hanno rilevato un peggioramento dei rapporti con i capi (15%), perché al crescere dell’intensità del lavoro non corrisponde – secondo gli intervistati – un incremento del salario e perché all’impegno non fa seguito nessun riconoscimento.
E’ però nell’ambito dei rapporti con il sindacato che è stata evidenziata maggiormente la tendenza a un peggioramento (23%). Tra i motivi elencati dagli intervistati ci sono la scarsa capacità di opporsi alle decisioni dell’azienda in momenti di crisi, il fatto di non essere in grado di migliorare le condizioni di lavoro o di accettare il loro peggioramento senza un’adeguata trattativa. Negli ultimi due o tre anni, però, il 60% degli intervistati ha dichiarato di aver preso parte a qualche iniziativa di protesta a difesa del lavoro e si é rilevato un elevato grado di solidarietà con operai di altre aziende in crisi.
econdo la professoressa Cecilia Cristofori, direttrice scientifica dello studio, questo testimonia “una inedita forma di solidarietà sociale, intermittente e a volte contraddittoria, ma che molti lavoratori vedono come necessaria per il timore di uscire dal ceto medio e venire ricacciati indietro, come nel passato”.