L’uomo senza valori

Parlare di crisi di valori in un contesto depresso, abbacchiato e privo di speranze come quello che stiamo odiernamente attraversando è una materia da prendere con le dovute “molle” e da trattare con la dovuta sensibilità sociologica. Secondo me è una realtà più fumosa e nebulosa di quanto ci vogliano far credere.

Andando a ritroso con la mia memoria storica devo dire che abbiamo appena attraversato uno dei secoli più devastanti dal punto di vista storico mai avuti dall’umanità.

Il ventesimo secolo come direbbe lo storico Hobsbawn è stato il cosiddetto “secolo corto”. Secondo la sua tesi il secolo non parte canonicamente dal 1900 e si arresta il trentuno dicembre del 1999, bensì ha avuto come inizio nel 1914 ed è terminato nel 1991. Dall’inizio del primo conflitto mondiale sino allo scioglimento politico dell’Unione Sovietica praticamente. All’interno di queste date la nostra cara umanità piena di valori come la famiglia, la solidarietà, la giustizia e l’uguaglianza si è resa partecipe di due guerre mondiali, olocausti nucleari, olocausti razziali, guerre etniche, guerre fredde insomma una babele di barbarie che mi fanno pensare che non vi è stata affatto una perdita di valori. Tutti questi eventi mi fanno pensare invece che l’uomo non ha valori. Lui è padrone di interessi personalistici ed egoistici per sua natura.

Siamo solo ed esclusivamente una massa cui il sottoscritto ne fa parte, che si lascia facilmente adescare e affascinare dai messaggi pubblicitari, dal cinema di facile consumo e di dubbio valore artistico. Viviamo in una dimensione in cui non abbiamo nessun tipo di problema veramente serio, e nessuna preoccupazione quotidiana degna di questo nome. Come direbbe Palahniuk nel suo Fight Club “Non abbiamo la grande guerra né la grande depressioneLa nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita”

Uno dei motivi che gli psicologi ritengono come portatore intrinseco di depressione è la rincorsa sfrenata e pedante verso il successo economico per rincorrere i status symbol che ci rapiscono nei loro mediatici messaggi che ci portano l’uomo qualora non raggiunga i sogni di cui si fa apertamente portatore alla depressione per non averli realizzati.

La verità è che l’uomo è un crogiolo di noia, di insicurezza, di vuoto esistenziale, di profondo disorientamento morale. La cosa che mi fa riflettere inoltre è la mancanza perentoria di una guida spirituale come possa essere una confessione religiosa. La chiesa cattolica proprio per rimanere in tema è il primo sentore della caduta, o della mimetizzazione di questi valori.

Quindi come riappropriarsi di tali valori oramai non in voga?

Non ne ho la più pallida idea ditemelo voi.

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