Monti si dimette e Provincia di Terni potrebbe salvarsi ma studio del Governo: ”Senza dl è caos”
Nel documento, frutto di uno studio del dipartimento delle Riforme del ministero della Funzione Pubblica e pubblicato in anticipo dall’Ansa, è scritto: “La mancata conversione del dl sulle Province comporterebbe una situazione di caos istituzionale. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi, la lievitazione dei costi a carico di Comuni e Regioni e il blocco della riorganizzazione periferica dello Stato”. Tra le conseguenze elencate il rischio è “un periodo di incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini (come manutenzione di scuole superiori e strade, gestione rifiuti, tutela idrogeologica e ambientale)”.
In assenza dell’approvazione del dl sulle province, sottolinea lo studio ministeriale, si torna al decreto Salva Italia e sarebbero diversi i problemi con i quali ci si troverebbe a confrontarsi. “I perimetri e le dimensioni delle province resterebbero quelli attuali (rinascono 35 province) e verrebbe meno l’individuazione delle funzioni ‘di area vasta’ come funzioni fondamentali delle province, sicché le province restano titolari di sole funzioni di indirizzo e coordinamento”. Di conseguenza, viene evidenziato ancora, “le Regioni dovranno emanare entro la fine di quest’anno leggi per riallocare le funzioni tra Comuni e Regioni medesime. Non potendo allocare le attuali funzioni provinciali a livello comunale, trattandosi per l’appunto di funzioni di area vasta e quindi di livello sovracomunale, ciò comporterà – affermano gli esperti – tendenzialmente la devoluzione delle funzioni alle Regioni con conseguente lievitazione dei costi per il personale (il personale regionale costa più di quello provinciale e comunale) e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l’esercizio delle funzioni”.
Qualora “le Regioni non provvedessero lo Stato dovrà intervenire in via sostitutiva, quindi bisognerà valutare, Regione per Regione, come riallocare le funzioni ora esercitate dalle province”. Inoltre, “le Regioni hanno delegato alle province numerose funzioni proprie: a questo punto le deleghe dovrebbero essere ritirate”.
“La mancata conversione del dl sulle Province porrà inoltre una questione finanziaria legata dal problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare Regioni o Comuni o dovranno essere frazionati; altri problemi riguarderanno il trasferimento del personale, dei finanziamenti, dei beni immobili”.
Infine il mancato riordino delle Province “si riflette sulla riorganizzazione dell’amministrazione periferica dello Stato e sui risparmi alla stessa collegati. Infatti, gli uffici periferici dello Stato sono organizzati tendenzialmente su base provinciale. Il mancato riordino delle province quindi rende problematica l’attuazione della riorganizzazione degli uffici periferici”. In sostanza Terni e le altre 34 province che il Governo avrebbe voluto tagliare, conserverebbero prefettura e questura, oltre ai comandi provinciali di vigili del fuoco, guardia di finanza e carabinieri e questa permanenza non consentirebbe il risparmio auspicato dall’esecutivo.
Uno dei più critici del provvedimento, il senatore del Pdl Filippo Saltamartini (e relatore del decreto stesso) ha subito replicato allo studio del Governo: “Mercoledì o votiamo turandoci il naso o diciamo di no perché i difetti sono talmente grandi che prevalgono sulla bontà del decreto. Una decisione non è stata presa. Il Pdl valuterà bene le ricadute della sua decisione, non volendo figurare come capro espiatorio”. Quindi il senatore chiede: “Il Governo dimostri con i dati quali sono i risparmi che la riforma comporterebbe”.
Comunque, anche qualora il Senato approvasse il decreto “turandosi il naso”, Terni potrebbe riuscire a mantenere il proprio ente provinciale grazie ad un emendamento presentato pochi giorni fa dallo stesso Saltamartini e dall’altro relatore, Enzo Bianco del Pd (qui l’articolo).
Aggiornamento: in serata è arrivata una nota del ministro della Pubblica Funzione Filippo Patroni Griffi: “La eventuale mancata conversione del decreto sulle Province determina certamente una serie di problemi operativi sul piano delle funzioni per i cittadini nonché di raccordo normativo con la legge di spending e il decreto Salva-Italia. E ha conseguenze anche sui giudizi di costituzionalità pendenti: al di là delle censure prospettate con i ricorsi, il Governo ritiene evidentemente che i provvedimenti legislativi sin qui intervenuti siano conformi alla Costituzione, ma il giudizio sul punto spetta evidentemente alla Corte, che terrà presente il quadro normativo esistente al momento della pronuncia. Ma ribadisco che, a questo punto e nella situazione che si è creata, spetta solo alle forze politiche decidere se portare avanti e concludere il riordino delle Province, con il loro dimezzamento e la razionalizzazione delle relative funzioni, o se arrestare il processo di riordino. Il Governo non potrà che prenderne atto, come dovrà attentamente valutare la presentazione di una pregiudiziale da parte di un partito di maggioranza e le conseguenze di ciò sull’ulteriore iter della legge di conversione”, conclude la nota del ministro.