Terni con il Lazio: ”Raggiunte 1700 firme”. Udc: ”Referendum è resurrezione cittadina”

Il comitato promotore del referendum per chiedere il passaggio di Terni alla Regione Lazio guarda con spirito fortemente critico al tentativo di riordino delle province umbre. Per il presidente del comitato, Andrea Liberati, si tratta di “giochi da mercante in fiera con Spoleto e Foligno”. L’alternativa che avanza è riprendere in mano lo studio sulle macroregioni della Fondazione Agnelli che prevedeva proprio l’approdo della città di San Valentino all’ombra della Capitale insieme a Rieti e Viterbo.

Oltre ad aver raggiunto 1.700 firme per richiedere il referendum, il comitato ha trovato anche il favore del gruppo provinciale Udc di Terni. Già il segretario Enrico Melasecche aveva dichiarato di aderire all’iniziativa. Ora anche il capogruppo Udc in provincia, Massimo D’Antonio, esprime il proprio appoggio al referendum. Per D’Antonio il referendum “giorno dopo giorno assume i toni di un processo di partecipazione e resurrezione cittadina che tocca l’idem profondo di ogni ternano. Questo è un tentativo che il gruppo Udc della Provincia appoggia e sostiene. Per non essere ricordati come degli amministratori perdenti che nel loro mandato hanno visto svanire da Terni sia la sede della Asl sia il capuologo di provincia – conclude D’Antonio – il presidente Polli e il sindaco Di Girolamo sono ad un bivio, immaginare una nuova storia insieme a tutti i cittadini ternani e l’udc sarà al loro fianco oppure rimanere figuranti nella cronaca di una morte annunciata”.

Questo il comunicato di Andrea Liberati, presidente del comitato promotore del referendum di Terni con il Lazio:

“Mentre il cosiddetto riordino si fa sempre più complicato, il referendum raggiunge quota 1.700 firme. Il quorum delle 2.500 necessarie per attivare la procedura non è più un miraggio.

E se per qualcuno sembrerebbe un’eresia parlare di Terni nel Lazio, noi diciamo che non è nulla di nuovo: nel noto e insuperato studio sulle macroregioni della Fondazione Agnelli –anno 1992- Terni era inclusa nell’asse Rieti-Viterbo verso Roma alla luce non solo delle ‘prospettive dell’economia reale’, ma anche delle ‘tendenze di gravitazione di un territorio sull’altro in relazione al reticolo urbano e al sistema delle infrastrutture di comunicazione’. In quella stessa analisi, Perugia confluiva nella Toscana, con un’Umbria che, a ogni esame, era riordinata altrove, venendo meno come entità politico-amministrativa, essendo la Regione (già allora, si pensi al contesto globale odierno!) priva di adeguate dimensioni e di congrue risorse economico-finanziarie.

Nonostante questi limiti evidenti, la macchina pubblica regionale negli anni è stata ingolfata di personale, talvolta con modalità tali da rievocare le più raffinate tecniche borboniche: senza nemmeno citare l’onerosità del Consiglio Regionale, il rapporto Bankitalia 2011 rileva come i costi dei soli dipendenti dell’Ente Regione siano pari al 110% in più rispetto alla media nazionale, fissata in 41,9 euro. E con riferimento al benchmark delle sole regioni del Centro Italia -44,2 euro- si tratta di una somma pari a quasi il 100% in più.

Cosa guadagna Terni da tutto questo? Terni ha dato, senza neanche ricevere in cambio un piano strategico di infrastrutturazione come quello tra Umbria e Marche:

1) far risparmiare 70 km di costi di trasporto merci per le Acciaierie: occorreva già spingere tempo fa per la rapida riattivazione della Orte-Civitavecchia. Siamo ancora ad attendere la progettazione Italferr, mentre RFI sostiene addirittura che l’opera sia inutile: che fa la Regione Umbria?

2) ridurre a soli 60 km la distanza tra Terni e Roma tramite una diramazione stradale della A1 diretta via Passo Corese al fine di estendere gli scambi di persone e imprese da e con la Capitale.

Sarebbe giovato all’Umbria intera: invece non si è voluto far crescere Terni, ma rafforzare le iniquità, consolidando la centralità di Perugia-Foligno. Inaccettabile.

Siamo dunque a un bivio: Terni potrà stringere nuove e decisive alleanze restando se stessa, conservando la sua storia e persino la sua appartenenza. Certo: per cambiare occorrerà spiriti coraggiosi e visionari. Ma restare immobili, limitandosi a giochi da mercante in fiera con Foligno e Spoleto, sarà soltanto temerario”.

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