Terni, D’Antonio: ”La Festa alla Passeggiata serva ad una presa di coscienza del Pd”
Per D’Antonio “gli eredi del PCI hanno diritto di fare la propria festa alla Passeggiata ma a una condizione: domandarsi se ancora siano cuore e anima di questa città”. Il problema per il consigliere è che “Terni è tecnicamente fallita da almeno un paio d’anni. Fallita economicamente, industrialmente e soprattutto, cosa più grave, culturalmente ed eticamente”. E in questo contesto “mai come oggi, si è evidenziata una debolezza intrinseca e un isolamento politico del Pd nella città”. Chiede invece al Partito Democratico “una nuova e più moderna squadra di governo che sia la fotografia di un nuovo patto sociale. L’alternativa è quella vista in questi ultimi anni, a iniziare dai più deboli: un lento ma inarrestabile annientamento individuale”.
Il comunicato del consigliere provinciale Massimo D’Antonio:
“La ‘scomposta’ vicenda riguardante l’utilizzo della passeggiata per la festa del Partito Democratico sta riempiendo in questi giorni le cronache cittadine. A mio modo di vedere identificare i torti e le ragioni appare inutile, oltre che difficile. Più interessante è trarre alcune suggestioni sullo stato attuale della città e della politica.
La storia ci tramanda attraverso i secoli dei casus belli famosi: il ratto di Elena, l’assedio di Sagunto, la defenestrazione di Praga e via narrando. L’oltraggio della Passeggiata passerà alla storia? Lo sapremo in un prossimo futuro. Intanto qualche cosa possiamo evidenziarla. La Passeggiata è stata da sempre sede della festa dell’Unità, almeno per quanto i ricordi mi sorreggono. La chiamo festa dell’Unità perché è un nome nobile, con una sua forza e storia; l’aggettivo ‘democratica’, invece, sembra renderla generica, spogliandola della sua stessa storia e mi arreca anche una certa tristezza.
La festa dell’Unità era da sempre di tutta la città, perché il PCI, nolente o volente, è stato cuore ed anima della città dell’acciaio. Mi piaceva andare e mi piaceva quell’atmosfera anche se non sono mai stato di estrazione comunista. La festa si faceva alla Passeggiata semplicemente perché era il posto più bello dove farla, perché questo parco è Terni. Quindi gli eredi del PCI hanno diritto di fare la propria festa? Ritengo di sì. Di farla in quel luogo? Sì, ma a una condizione: domandarsi se ancora siano cuore e anima di questa città.
Per adesso il risultato ottenuto è la crescita prorompente della fronda, di dissimili che imprevedibilmente si uniscono in un montare di esasperazione che trova il collante nell’utilizzo arbitrario del parco. Ma le ragioni profonde di questa insofferenza sono diverse, molteplici e sotto gli occhi di tutti: Terni è tecnicamente fallita da almeno un paio d’anni. Fallita economicamente, industrialmente e soprattutto, cosa più grave, culturalmente ed eticamente. Bella questa città forse non lo è stata più nel dopoguerra, ancorché io mi sforzi nell’evidenziarne i pochi pregi estetici superstiti. Piacevole da vivere, invece, lo è stata sicuramente. Città d’avanguardia, d’accoglienza, di innovazione, che guardava sempre al futuro, senza mai voltarsi indietro.
Poi improvvisamente tutto si è fermato, nessuna nuova meta da raggiungere. Poco da conservare. E per molti la città vivibile è diventata un inferno da cui scappare. Negli ultimi sei o sette anni circa 5.500 giovani ternani tra i 24 ed i 32 anni, laureati e dotati di alta formazione, hanno lasciato la città per cercare una speranza di vita altrove. Demograficamente non lo abbiamo avvertito, perché costoro sono stati sostituiti da altrettanti immigrati dell’est europeo, ma non si è trattato di una operazione qualitativamente a somma zero. Le crisi delle maggiori aziende sono evidentissime e così pure la disperazione per le soluzioni che non si trovano.
Nella mia attività di consigliere provinciale di opposizione ho sempre incalzato il PD a fare, anziché a criticare. Purtroppo essi sono divisi, e troppi, e spenti: e così riescono a produrre assai poco. Mai negli ultimi anni, mai come oggi, si è evidenziata una debolezza intrinseca e un isolamento politico del PD nella città. Prova lampante ne sono le risposte rabbiose alle critiche ricevute, a dire il vero talvolta assai feroci, ma tant’è: quando si è a corto di fantasia e di voglia di dare un colpo di reni per ribaltare il tavolo della dura realtà è più facile chiudersi nel fortino istituzionale, chiamando gli uomini alla battaglia contro il nemico esterno. Il problema è che il nemico esterno non esiste. La guerra di offese e denunce, se guerra è, è una guerra civile ternana.
E’ vero che nella gioia siamo tutti simili e nel dolore ognuno sta male a modo suo, ma questo deve alla fine produrre una presa di coscienza da chi ne ha l’onere. Quindi questa festa serva a una presa di coscienza vera, non “pelosa”: e il PD si chieda se è ancora cuore e anima di questa città, perché paradossalmente esso rappresenta la causa principale del degrado di Terni, ma ne potrebbe essere anche medicina e speranza di risollevarne le sorti, tenuto conto del peso elettorale. Non creda però il PD di poter giocare la partita solo in difesa del “bidone vuoto di benzina”; immagini invece una nuova e più moderna squadra di governo che sia la fotografia di un nuovo patto sociale. L’alternativa è quella vista in questi ultimi anni, a iniziare dai più deboli: un lento ma inarrestabile annientamento individuale”.