Terni, due imprenditori cinesi evadono fisco e sfruttano lavoro clandestino: connazionali schiavizzati
Meccanismo di evasione fiscale. Secondo le fiamme gialle, complessivamente i due imprenditori hanno evaso 2.055.842 euro oltre ad un importo di Iva dovuta pari a 415.583 euro. Il meccanismo di evasione è sempre lo stesso, studiato e collaudato da altri connazionali che vivono, ormai da anni, nelle comunità cinesi ben più consistenti di altre città d’Italia e del mondo: sfruttando una consistente mano d’opera clandestina, assoldata per intero da soggetti della loro stessa etnia, producevano filati, capi di abbigliamento, semilavorati tessili, che rivendevano a società sartoriali vicine alle grosse case di produzione del settore.
A fronte dei ricavi, che dovevano fatturare in vendita, registravano false fatturazioni in acquisto, per importi analoghi, emesse da altre ditte cinesi del centro e del nord Italia, la maggior parte delle quali, cessate o inesistenti. In questo modo abbattevano del tutto i consistenti utili derivanti dalle vendite della merce evitando di pagare imposte.
Cinesi schiavi. Una evasione certamente consistente, ma quello che più ha colpito i militari sono state le condizioni di vita dei lavoratori dipendenti: un’ottantina di cinesi che vivevano rinchiusi all’interno di un capannone industriale, dormendo su materassi sporchi e malsani, poggiati anche sui pavimenti, consumando i pasti in un refettorio comune ed in condizioni igieniche disastrose, disseminato di alimenti avariati o in pessimo stato di conservazione, con a fianco, decine di macchine da cucire. Praticamente degli schiavi segregati all’interno di quel luogo di lavoro. Non uscivano mai: dormivano, mangiavano e lavoravano in quello stesso stabile giorno e notte, ma evidentemente non potevano fare diversamente, assoggettati a condizioni ed orari di lavoro massacranti, ovviamente completamente in nero.
Nel corso delle operazioni avviate nel febbraio di quest’annoi finanzieri hanno riscontrato 77 posizioni lavorative irregolari e 2 completamente in nero, impiegate negli anni dal 2009 al 2013: contestata una cifra complessiva di circa 225 mila euro di omessi versamenti di contributi Inps.
I capannoni sono stati ora sottoposti a sequestro, anche a seguito dell’intervento, avvenuto ad inizio verifica, del personale dell’Asl e dei vigili del fuoco che hanno riscontrato una situazione talmente degradante da esporre i dipendenti al pericolo per la salute, la sicurezza e l’incolumità personale.
Le denunce. Al termine dell’operazione, denominata “Fabro Fibra”, i titolari delle due aziende sono stati invece denunciati all’autorità giudiziaria per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali mentre, un terzo soggetto di etnia cinese, il cui scopo era quello di reclutare manodopera in nero per le due ditte in verifica, approfittando dello stato di bisogno e di necessità dei lavoratori, è stato denunciato per il reato di “sfruttamento del lavoro” punito con la reclusione da 5 a 8 anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.