Terni, fontana di piazza Tacito, Italia Nostra: ”No ad altri 250 mila euro per falsi mosaici”
Per la cronaca, questo è il piano finanziario del programma di recupero della fontana di piazza Tacito per il progetto di recupero partito l’anno scorso: ammonta a 723.297 euro ed è così ripartito:
258.780 euro – contributo della Fondazione Carit;
157.689 euro – prestazioni di servizio attuate da Asm;
95.550 euro – economie attivate dal Comune di Terni nella realizzazione di altre opere pubbliche;
88.006 euro – fondi provenienti dal programma Puc2;
62.720 euro – sponsorizzazioni in servizi;
60.551 euro – sponsor privati.
Il comunicato di Italia Nostra Terni (Andrea Liberati e Giuseppe Cassio):
“In Italia la Fontana morta, impacchettata e invisibile ce l’abbiamo solo noi. E resterà così a lungo grazie alla ‘lungimiranza’ di Fondazione Carit e Comune di Terni. In principio fu utilizzata quale rotonda stradale; poi divenne un cestino portarifiuti dell’inciviltà; ora, ridotta a semi-rotonda, è stata deprivata anche del marciapiede per far posto a un ignobile recinto pubblicitario. E, dentro, i mosaici falsi più costosi d’Italia.
Non per questo è accettabile la critica che, durante l’ultima assemblea dei soci della Fondazione Carit, si è levata nei confronti del capitolo cultura, rispetto a quanto previsto per lo sviluppo economico. Rimaniamo basiti di tanta retroguardia, considerando che lo sviluppo italiano passa attraverso la valorizzazione e il recupero del nostro patrimonio storico-artistico. Un petrolio (così definito ad ogni crollo eccellente a Pompei, per ogni chiesa abbandonata) da accarezzare e, talvolta, ancora da estrarre, visto che si registrano oltretutto forti perdite di flussi turistici a livello nazionale. Certo, bisogna fare le cose perbene, e non lasciare i lavori a metà (S.Agostino, il Duomo, S.Margherita, San Francesco a Narni, Santa Maria Maggiore e San Nicolò a Collescipoli, S.Nicolò a Itieli, la parrocchiale di S.Urbano, Il Duomo di Amelia, S.Pietro a Terni, etc.) o allungarli per anni: in particolare, un eccessivo differimento temporale si sta certamente registrando sulla Fontana, tentando di addossare colpe alla Soprintendenza. Ragionevolezza avrebbe voluto che si fosse approntato il progetto di recupero dei mosaici ben prima di recintarla, senza cambiare indirizzo in corso d’opera, giacché tutti già sapevano –Venaria Reale o meno- che lo stato di conservazione del bene era pietoso. E ora, secondo fonti di prima mano, la Fondazione dovrebbe metterci altri € 250.000.
In Fondazione il comparto restauri –di cui la Fontana di piazza Tacito non fa più parte, se sarà ricostruita ex novo, come pare- aveva creato un centinaio di posti di lavoro specializzati, grazie alle opere predette e ad altre. Andrebbe però posta attenzione sull’utilizzo di sole ditte locali, fatte salve le loro qualifiche, sulla scorta delle indicazioni della Carta ACRI: in questo senso, poiché si vuole realizzare un mosaico ripartendo dai cartoni, operazione da impresa edile con inclinazione mosaicista, sarebbe bene avviare una semplice e trasparente gara su base territoriale, ammesso che sia poi la Fondazione a bandirla, oppure coinvolgere subito il Liceo Artistico, capace di opere straordinarie a costi per giunta irrisori, come ne dimostra la storia.
Chi vuole risparmiare sull’arte si impegni poi nell’esigere da Amministrazioni cui si è dato il sangue –Comune di Terni in primis, pensiamo ai milioni per l’Università a Collescipoli e altrove- di rispettare il legato della Fondazione. Pacta sunt servanda: la Fondazione salvi la propria storia e difenda la propria autorevolezza con severità. Occorre vergare condizioni come in un contratto, con penali e rivalsa a fronte di atti unilaterali e assurdi posti in atto dal Comune, così come da altri beneficiari.
Risparmiare sull’arte? Certo, evitando ad esempio di finire a Orte, fuori comprensorio, oppure ricalibrando il capitolo assistenza, evitando l’effetto veteroprincipesco di gettare brioche a pioggia senza distinguere tra residenti e no, magari trascurando gli effetti di crisi non proprio imprevedibili, dalla chimica fino agli operai Ast le cui famiglie tanto han dato a quella Cassa di Risparmio di Terni e Narni da cui la Fondazione promana.
Tornando alla Fontana morta, impacchettata e invisibile, visto che, secondo il progetto attuale, bisognerebbe aggiungere altri € 250.000 circa per riparare a disastrose manutenzioni comunali, è serenamente il caso di dire al sindaco che il bancomat è rotto, soprattutto considerando che una cifra simile servirebbe a realizzare un falso. Si torni piuttosto alla ragione, respingendo le insistenti richieste di un’Amministrazione probabilmente imbarazzata dei danni autoprodotti. Né si possono distrarre -ancora una volta- rilevanti risorse ai restauri, quelli veri, soltanto per compiacere mr. Bean!”.