Terni, ”l’interminabile” complesso di Corso del Popolo, 3 anni di ritardi, accuse di Melasecche

Non sono bastati 6 anni per finire il grande complesso residenziale-commerciale di Corso del Popolo. Ad oggi, infatti, la zona è ancora un cantiere aperto con il solo “Pentagono” completato, occupato dagli uffici comunali. E proprio il Pentagono nel corso degli ultimi mesi è stato vittima di numerose problematiche strutturali, alcune quasi grottesche. Una galleria di inefficienze, errori, problemi che appare troppo nutrita per una struttura inaugurata da circa un anno: si va dall’iniziale presenza di barriere architettoniche alle infiltrazioni di acqua nei locali in uso ai vigili urbani, dalle chiavi dei bagni che aprono tutte le porte alla recente rottura di un tubo fognario che ha riversato liquame nel garage della municipale.

Sembra andar peggio agli altri edifici. Appartamenti e locali commerciali che, da contratto, sarebbero dovuti essere consegnati ai clienti tre anni fa e invece non è ancora avvenuta la consegna; inoltre non ha ancora visto la luce l’annunciato impianto di cogenerazione per fornire energia elettrica e calore. A sollevare il problema e criticare duramente è il consigliere comunale dell’Udc, Enrico Melasecche, che interroga il sindaco e la Giunta sui lavori “interminabili” del nuovo complesso di Corso del Popolo.

Scrive Melasecche: “Tre anni di ritardo nella consegna degli appartamenti, danni ingenti, progetto stravolto, cogenerazione svanita nel nulla, passerella orribile e monca, aumento dei costi per il Comune. Ripresentiamo a due anni dalla precedente una interrogazione al sindaco per chiarire in modo trasparente tutta una serie di interrogativi che continuano a circolare su quell’opera che presentava e presenta forti dubbi per il modo in cui è stata gestita e per i ritardi accumulati. Fu fornita una risposta del tutto parziale con vuoti che non convinsero affatto tant’è che oggi, con il RUP/Direttore generale, pensionato di tutto rispetto, si ripresentano con evidenza e drammaticità”.

“Circa quaranta famiglie – prosegue il consigliere – sono ancora in attesa della consegna di appartamenti o negozi dopo aver sottoscritto un preliminare di acquisto che prevedeva la consegna dei relativi immobili circa tre anni fa a prezzi che a Terni non si erano mai visti. Ad oggi il danno loro causato è rilevante ma non si comprende di chi siano le responsabilità ribaltate nelle segrete stanze fra impresa e Comune. La prima sembra decisa a provvedere alla consegna ma non si comprende come il Comune possa dare l’agibilità senza che, con l’inverno che avanza velocemente, siano ancora stati realizzati gli impianti di riscaldamento/raffreddamento, in sostituzione della fantomatica centrale di cogenerazione sparita nel nulla. Nel silenzio più generale. Gli acquirenti si chiedono: metteranno le caldaiette a metano da case popolari, una caldaia per ogni palazzo, oppure una nuova centrale per tutti con contabilizzazione dei consumi? Le canne fumarie non previste dove le metteranno? L’analogia con gli abitanti di Borgo Bovio che attendono ancora dopo dieci anni il teleriscaldamento è fin troppo evidente”.

“Non solo: come mai il Comune ha inspiegabilmente consentito a quella società, aggiudicataria sul filo di lana di un bando pubblico contro agguerrite e blasonate imprese ternane, di trasformarsi da potente e titolata spa in una S.r.l. con 20 mila euro di capitale e ridotte garanzie? Ciò – prosegue Melasecche – è ancor più grave se si aggiunge il fallimento della società che aveva garantito le fideiussioni agli acquirenti con tutto quello che ne consegue. Ma anche: è corretto aver ricontrattato aspetti essenziali di quel project financing, accordando varianti essenziali, senza passare neanche in Consiglio comunale spiegando almeno alla città l’accaduto? Non v’è dubbio che, al di là delle responsabilità dell’impresa, quelle del Comune sono macroscopiche, a cominciare da quelle politiche, in quanto avrebbe dovuto garantire tutti coloro che avevano avuto fiducia perché l’ente non era solo proprietario dell’area ceduta ed acquirente in convenzione del proprio palazzo degli uffici ma soprattutto istituzione sovraordinata all’Urbanistica ed Edilizia e quindi moralmente impegnato ad evitare proprio ciò che sta accadendo”.

“Ne è giustificabile – aggiunge Melasecche – che il Comune se ne lavi le mani per uscire alla meno peggio da un rapporto che, questa volta nella veste di committente, presenta non pochi interrogativi: dalla sfigatissima centrale di cogenerazione all’altrettanto sfortunata passerella che da elegantissima ballerina, strallata, in acciaio inox è diventata una sorta di ponticello in ferro che sbarca su viale Lungonera in modo incomprensibile e sgraziato. Passando in questi giorni si avverte immediata la delusione di tutti coloro che dopo circa quindici anni di mirabolanti promesse vedono la pochezza architettonica di quel manufatto. Anche qui come per la centrale si ha l’impressione di un progetto rimediato alla meno peggio, da fiore all’occhiello, eredità di Frankl, abbiamo una sorta di aborto. Per non parlare degli edifici che, con intonaci che al sole radente appaiono tirati via da una squadretta di cottimisti frettolosi, senza neanche uno straccio di pannello fotovoltaico o termico solare,  non sembrano particolarmente all’avanguardia tecnicamente ma anche architettonicamente”.

“Abbiamo presentato, come è nostro costume – conclude il consigliere – una circostanziata interrogazione, perché l’assessore all’Urbanistica e all’Edilizia, retribuito dai ternani da cinque anni in quella posizione, dovrà pur spiegare agli acquirenti adirati ma anche ai ternani delusi, dov’era e cosa faceva nel frattempo”.

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