Terni, popolazione lavorativa sempre più vecchia: cresce occupazione 55-64enni
TABELLA OCCUPATI 55-64 in Umbria (2012-2013)
“Il progressivo invecchiamento della forza lavoro ha ricadute importanti anche sul fronte della sicurezza. Occorrerà prevedere nuove modalità con cui sensibilizzare e poi formare gli operatori, oltre ad implementare nuove politiche aziendali che tengano conto delle mutate esigenze dei loro addetti sia in fatto di sicurezza, che di benessere, che di welfare aziendale” sostiene Marilena Pavarelli, Project Manager di Ambiente Lavoro, il Salone dedicato alla sicurezza e alla salute nei luoghi di lavoro, che si terrà a Bologna dal 22 al 24 ottobre.
L’invecchiamento della forza lavoro è un fenomeno che riguarda l’intera Europa: “Dagli ultimi studi realizzati sul tema – sottolinea Rinaldo Ghersi di SIE e coordinatore del gruppo di lavoro ‘Invecchiamento e lavoro’ di CIIP – emerge che nel 2050 oltre il 30% della popolazione europea avrà più di sessant’anni e nel 2025 nell’Ue a 15, i lavoratori di età tra i 50 e i 64 anni saranno il 35%, il doppio dei minori di 25 anni, mentre nel Ue a 27 Paesi, nel 2030, i lavoratori di età tra i 55 e i 64 anni aumenteranno del 16,2% mentre i più giovani diminuiranno dal 5 al 15%, a seconda delle fasce di età. In pratica, l’Europa avrà la popolazione lavorativa più anziana della sua storia. Un fenomeno, questo, dalla duplice valenza. Se da una parte infatti un lavoratore più anziano rappresenta una risorsa importante per l’azienda ed un risparmio per il sistema previdenziale, dall’altro verso aumentano i problemi di idoneità e collocabilità. È con questi presupposti che la salute e la sicurezza nel lavoro assume un ruolo fondamentale per promuovere la collaborazione tra soggetti di diverse età”.
Obiettivo non facile da raggiungere visto che, secondo un recente studio della European Agency for Safety and Health at Work (EU-OSHA), quattro lavoratori su dieci in Italia ritengono non solo che colleghi ultrasessantenni siano meno produttivi , ma anche che siano più assenteisti per motivi di salute. Il numero degli scettici italiani aumenta a 7 su 10 se si analizza la capacità degli over60 di aggiornarsi sui cambiamenti che il lavoro di oggi frequentemente richiede. Ed è proprio la riorganizzazione del lavoro, unita al carico eccessivo delle mansioni e delle ore lavorate, ad essere indicata dal 55% dei lavoratori italiani come possibile causa di stress lavoro correlato tra i lavoratori over60.
Lo scenario dell’invecchiamento della forza lavoro modifica di riflesso anche le tipologie di infortuni. Secondo l’ultima analisi del settore del Canadian Centre for Occupational Health and Safety, i lavoratori più anziani fanno registrare infatti più assenze dai posti di lavoro dovute al decorso fisiologicamente più lungo rispetto ai giovani colleghi. Ed anche per questo motivo la ricerca ha evidenziato una minore produttività degli over 60. Va aggiunto però che dal punto della produzione, a livello generale è emerso che i lavoratori più anziani hanno gli stessi indici di produttività per compiti che richiedono competenza ed esperienza, segno questo che occorre osservare con attenzione le molteplici dinamiche del contesto lavorativo. La nuova sfida che attende lavoratori, aziende e istituzioni è infatti proprio quella di adattare il lavoro con le problematiche relative all’allungamento della vita lavorativa, alle diverse fasi della vita lavorativa stessa. Tenere quindi presente tutte le variabili dovute alla diversa età (fisiche, sociali, cognitive, organizzative) per poter sfruttare e non subire la ricchezza di questa diversità.
“Un traguardo – conclude Ghersi – raggiungibile non con un’unica soluzione ma con una serie di interventi mirati. Accanto alle strategie per l’invecchiamento attivo, sostenute dall’UE ed al miglioramento di posti ed organizzazione del lavoro, in contesti diversi per economia, ergonomia e welfare, occorre infatti riflettere anche sulle politiche previdenziali e di assistenza all’invalido. Dato per accertato e in costante crescita l’aumento dell’età dei lavoratori, è necessario entrare nell’ottica che per lavorare più a lungo è fondamentale lavorare meglio e riorganizzare alcuni aspetti della seconda fase della vita lavorativa. Proporre, ad esempio, una maggiore flessibilità nei ritmi, nei turni, negli orari notturni e, dal punto di vista medico, rivedere la legge sui lavori usuranti che ad oggi non è sufficiente”.