Terni, Prc: ”Cemento e degrado nella zona di Santa Maria Maddalena”
La storia del palazzo in via dei Pressio Colonnese abbandonato a causa dei ladri raccontata il mese scorso da Terni Oggi aveva suscitato scalpore. Tanto che la vicenda era stata ripresa dalla trasmissione televisiva de La7 La Gabbia. Oggi il Partito della rifondazione comunista di Terni ripercorre alcune tappe che hanno portato al degrado dell’intero quartiere in zona di Santa Maria Maddalena, nei pressi dell’ospedale. Il Prc, che ha anche scattato alcune foto per documentare la situazione, sollecita infine l’intervento delle istituzioni.
Il comunicato del Prc di Terni:
“Le condizioni di disagio in cui versa la zona di S.M.Maddalena nei pressi dell’ospedale, evidenziate recentemente dagli organi di informazione sia locali sia nazionali, mettono in luce una situazione di degrado e di totale abbandono che non è conseguenza di tristi fatalità.
Ma qual’è la storia del quartiere e come mai si trova in queste condizioni? E’ il 2003 quando viene approvato il primo piano attuativo di iniziativa privata per l’edificazione della zona di S.M.Maddalena, a cui il Comune ritiene opportuno allegare una variante urbanistica per un nuovo tratto stradale di collegamento con l’incrocio di via 8 Marzo, presagendo la maggiore mole di traffico che l’edificazione complessiva di Campomicciolo avrebbe comportato, ma anche per offrire un collegamento viario adeguato alle esigenze di AST e al futuro completamento della Terni-Rieti.
Nel 2005 viene siglato l’accordo con le imprese costruttrici, sgravando queste ultime dal pagamento degli oneri di urbanizzazione in cambio della realizzazione delle opere stesse e degli allacci necessari (strade, luce, acqua, parcheggi, collegamenti viari…) A garanzia di tutto ciò vengono stipulate a favore del Comune di Terni due fideiussioni di circa 905.000,00€ e 770.000,00€, rispettivamente per le opere di urbanizzazione primarie e secondarie. Già da allora però si inizia a vedere una regressione dal progetto iniziale: l’area che era destinata a attrezzature scolastiche nel Piano Particolareggiato viene reindirizzata, dietro richiesta delle ditte, ad un uso assistenziale e sanitario, dando il via alla edificazione di una casa di riposo poi tristemente passata agli onori della cronaca; mentre dai 4.000mq di verde pubblico che erano previsti si scende a 3.841 e il collegamento con la pista ciclo pedonale limitrofa al quartiere, si prospettava nel PUC del 2002, scompare dalla scena.
Passati tre anni il comune si trova dinanzi alla più totale inadempienza rispetto alla realizzazione delle opere concordate, ed è costretto ad intervenire sospendendo i permessi a costruire e incamerando la polizza sulle opere primarie; intanto le ditte, che in molti casi sono cambiate per passaggi di proprietà, hanno da tempo iniziato a consegnare alloggi privi di agibilità, nonostante la diffida del comune. Di li a poco viene inserito nel Piano dei Lavori Pubblici il progetto per la nuova strada di allaccio alla rotatoria dell’incrocio di via 8 Marzo, prevedono un costo di 3.000.000,00€ e mettendo a disposizione una somma di poco inferiore a quella incamerata dalla fideiussione. Ma dopo appena tre mesi dalla sanzione per inadempienze, nonostante la consegna di alloggi privi di agibilità fosse andata avanti, il comune ritorna sui propri passi dichiarando che le ditte hanno provveduto alla realizzazione di una parte delle opere primarie e rilasciando nuovi permessi per la costruzione di ulteriori piani sulle abitazioni incomplete, in cambio della realizzazione della viabilità di allaccio del quartiere e riducendo l’area di verde pubblico prevista ad appena 3.567mq.
Si procede anche per l’acquisizione dei terreni interessati dalle opere di viabilità, utilizzando la politica dei due pesi e delle due misure: per le ditte posseditrici delle aree nuovi permessi a costruire, mentre per i piccoli proprietari cittadini, una valutazione come terreni ad uso agricolo. Nel 2014 però, il Sii è costretto a minacciare il blocco della fornitura di acqua a 70 famiglie della zona, perché la ditta proprietaria, nonostante le ripetute sollecitazioni, non avrebbe mai sostituito il contatore da cantiere con l’allaccio civile, impedendo così negli ultimi tre anni il corrispettivo pagamento da parte delle famiglie e provocando un ammanco di 60.000€. Il Sii stesso dichiara che le reti e i servizi primari non sono mai stati consegnati al comune, tant’è che non si capisce se si tratti di un cantiere aperto o chiuso.
Arriviamo così ad oggi, dove la situazione ha costretto molte famiglie a traslocare, mentre tra quelle rimaste diverse aspettano ancora di ricevere il certificato di agibilità; intanto il valore degli immobili è crollato a causa della sfrenata edificazione e della mancanza dei minimi standard di qualità e vivibilità, favorendo il proliferare di situazioni di microcriminalità, che nel palazzo quasi disabitato di via Pressio Colonnese hanno trovato casa. Nel denunciare un tale scempio e chiedendo un immediato intervento delle Istituzioni, sottolineando come ancora una volta nella nostra città venga fatta prevalere la voce del cemento sull’interesse e sul benessere dei cittadini”.