Thyssen verso la cessione dell’acciaierie di Terni: conseguenze e possibili scenari
I POSSIBILI SCENARI
Inoxum viene ceduta in blocco: è lo scenario migliore, auspicato dai sindacati. Evitare lo spezzatino consentirebbe di mantenere intatta la rete commerciale, gli accordi tra i vari poli ed in sostanza la produzione e i livelli occupazionali. Ci sono però dei problemi: sarebbe impossibile l’acquisto da parte di una multinazionale concorrente di ThyssenKrupp. Si verrebbe infatti a creare un accentramento della produzione dell’acciaio inox che sarebbe certamente bloccato dall’antitrust e dalle authority garanti della libera concorrenza. Teoricamente a rilevare Inoxum in un unico blocco potrebbe invece essere una private equity. Si tratterebbe di un’operazione compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. I grandi fondi d’investimento sono però orientati a comprare singoli siti di produzione.
Inoxum viene spacchettata e venduta a pezzi: è l’ipotesi più probabile. Il ramo inox sarebbe diviso in quattro o cinque poli: uno italiano (Terni), uno statunitense (Alabama), uno cinese (Shangai) ed uno tedesco (Nirosta) più VDM (stabilimenti in Usa e Germania). In questo caso i grandi colossi della siderurgia potrebbero farsi avanti. Per l’Ast ci sarebbe l’interesse del colosso spagnolo Acerinox e del gruppo Marcegaglia. Gli stabilimenti in Usa e in Cina potrebbero essere rilevati dalla multinazionale franco-indiana Acelor-Mittal. Nirosta (Germania) potrebbe confluire nella finlandese Outukumpu.
C’è però, ancora più concreta, la possibilità che Thyssen alla fine venda ai fondi d’investimento privati (private equity). Ci sarebbero già tre offerte da parte di Apollo Management, Blackstone e Krk. Dalle indiscrezioni fin qui trapelate, Apollo sarebbe in pole position per gli stabilimenti di viale Brin.
Inoxum viene spacchettata, l’Ast rimane di proprietà Thyssen e vengono ceduti altri siti: attualmente si tratta di un’ipotesi molto improbabile, ma anche in questo scenario ci potrebbero essere gravi ripercussioni per l’Ast. Se ad essere venduta fosse VDM – spiega il segretario di Fim-Cisl di Terni, Celestino Tasso – sarebbe messa gravemente a rischio la produzione di titanio del polo siderurgico ternano. Tra Terni e VDM c’è infatti un contratto pluriennale di fornitura che, in caso di passaggio di proprietà, potrebbe non essere confermato. Andrebbero persi oltre 100 posti di lavoro. La vendita degli stabilimenti in Alabama, Cina e Messico metterebbe in discussione l’attuale assetto produttivo e i relativi volumi del sito di Terni. Con un nuovo assetto proprietario e societario, l’Ast non sarebbe più coinvolta, come avviene oggi, nell’alimentazione dei semi prodotti che vengono utilizzati da queste società. Risultato: la produzione dell’area a caldo (fusione e laminazione) sarebbe messa in ginocchio.
Vengono cedute solo le acciaierie di Terni: ad oggi l’Ast appare come il polo dell’Inoxum più vicino alla cessione. Come già detto, ci sarebbe un forte interesse del fondo Apollo Management. Ci sono dei precisi motivi che lo rendono più appetibile degli altri siti di produzione inox. Non richiede investimenti ed ammodernamenti: gran parte degli impianti sono nuovi. E’ acquistabile a basso costo: le stime degli analisti oscillano tra i 500 milioni di euro e 1,2 miliardi di euro, praticamente “in saldo” rispetto al valore effettivo. Infine i sindacati italiani non hanno alcun potere di veto per opporsi all’acquisto da parte di un fondo privato.
Molto più difficile vendere Nirosta (Germania): si tratta di uno stabilimento “zoppo” poiché i forni ed il treno a caldo sono ancora di proprietà Thyssen e non di Inoxum; i sindacati in Germania siedono in consiglio di vigilanza ed hanno diritto di veto: molto facile pronosticare che lo eserciterebbero per scongiurare di finire in mano ad un fondo d’investimento; infine alcuni forni sono obsoleti e da sostituire. Non è da escludere che alla fine lo stabilimento tedesco confluisca di nuovo in ThyssenKrupp.
Infine, per gli impianti statunitensi, messicani e cinesi, le indiscrezioni su imminenti vendite sono state molto meno dettagliate rispetto a quelle per la vendita dell’Ast. Forse il sintomo di trattative con minor possibilità di andare in porto.
Nel caso si concretizzasse la vendita della sola Ast, spiega Celestino Tasso, “il rischio sarebbe quello di andare incontro ad ulteriori spacchettamenti e cessioni se l’interesse dell’acquirente fosse legato solo ad alcune specificità produttive, rendendo dubbioso il futuro occupazionale del sito di Terni”.