”Tutti i kebab di Terni controllati da Hezbollah turca”, rimarranno aperti. Non progettavano attentati
I “kebbabari” non stavano progettando alcun attentato terroristico in Italia. Gli investigatori hanno sottolineato come l’unico obiettivo dell’associazione criminale stanziata a Terni fosse quello di far arrivare clandestini in Italia, regolarizzarli con documenti falsi ed impiegarli nelle attività di kebab i cui ricavi venivano sistematicamente dirottati in Turchia nelle tasche dell’organizzazione terroristica Hezbollah.
Nel corso delle numerose perquisizioni a Terni ed in altre città, la polizia ha sequestrato documenti scritti in turco ed in arabo, falsi documenti d’identità, computer, video e cd con materiale commemorativo di una strage avvenuta a maggio 2010 a Marmara su una nave turca. Una parte di questo materiale sarebbe riconducibile a Hezbollah. Sequestrato anche denaro (circa 30 mila euro in un appartamento di Como) e assegni (in bianco per 100 mila euro e cambiali per 35 mila in un’abitazione di L’Aquila). Gli investigatori ritengono che i soldi siano provento delle attività di kebab avviate dai turchi finiti in manette e nei quali venivano fatti lavorare i clandestini.
In seguito ai sequestri altri tre turchi sono stati indagati insieme alle 30 persone che già ieri risultavano inquisite a piede libero. Negli appartamenti perquisiti a Roma, L’Aquila e Latina sono stati inoltre trovati almeno cinque clandestini per i quali sono state avviate le procedure di espulsione.
Computer e materiale cartaceo è stato sequestrato anche a Roma in una scuola di formazione dove lavorava una consulente di 46 anni arrestata ieri. La donna avrebbe infatti facilitato, dietro il pagamento di soldi e mazzette, il rilascio ai turchi di licenze per la conduzione di esercizi pubblici.
A colpire è proprio l’estrema facilità con cui i terroristi hanno trovato appoggio e copertura da pubblici ufficiali e privati cittadini italiani. Falsi certificati medici che attestano inesistenti esiti di ferite da arma da fuoco e torture, licenze per la conduzione di pubblici esercizi ottenute corrompendo funzionari. E’ finito nel registro degli indagati anche un giovane avvocato ternano che avrebbe aiutato i membri dell’associazione criminale ad ottenere permessi di soggiorno e sbrigare le pratiche per aprire negozi. E’ emblematica l’intercettazione in cui uno dei membri dell’associazione criminale spiega come “in Italia come in Turchia è possibile avere tutto pagando”. Insomma, basta mettere mano al portafogli e tutte le porte si aprono.