Nonostante Monti veda la luce in fondo al tunnel, in provincia di Terni, all’orizzonte non si vede ancora alcun segnale di ripresa economica. Rimane critica la situazione del commercio che, anzi, sta sprofondando sempre più, mentre galleggia il sistema produttivo dell’industria. Questa è la sintesi della situazione attuale in cui versa l’economia ternana, in base ai dati riferiti al secondo semestre 2012, realizzato dalla Camera di Commercio in collaborazione con il Centro studi Unioncamere.
VENDITE IN CALO, STABILE LA PRODUZIONE INDUSTRIALE Nel secondo trimestre dell’anno è sceso in picchiata l’andamento delle vendite registrate fino ad una contrazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno dell’ 8,1%. Un dato che si discosta dal trend, negativo ma più contenuto, che si registra a livello regionale (-6,7%). Tiene invece il sistema produttivo delle imprese manifatturiere ternane che riescono a contenere le perdite della produzione al -4,8%. Per quanto riguarda l’industria, l’analisi congiunturale rileva che per il 62% delle imprese intervistate la produzione è rimasta stabile, per il 15% si è registrato un aumento, mentre per il restante 23% la produzione è diminuita.
In difficoltà in questo secondo trimestre soprattutto le imprese artigiane. Infatti ben il 40% delle intervistate ha dichiarato di aver avuto un andamento negativo della produzione. Il negativo andamento della produzione si riflette nelle perfomance negative del fatturato prodotto che scende dell’11% per il settore moda e del 7,5% per il comparto meccanico ed elettronico. Da un punto di vista quantitativo, gli ordinativi delle imprese manifatturiere della provincia flettono in tutti i settori: la perdita complessiva è del 5,2%. A reagire meglio alla crisi sono le industrie degli alimentari che nel secondo trimestre dell’anno hanno registrato una stabilità negli ordinativi. Le prospettive a breve termine per gli operatori economici disegnano una sostanziale tenuta dell’attività di produzione.
CROLLO DEL COMMERCIO, TRANNE LA GDO Per quanto riguarda il commercio nel secondo trimestre del 2012 il clima di business rilevato dalle imprese, espresso in relazione alle vendite, crolla al -8,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di fronte ai dati negativi, il 2012 segna invece un trend in salita per la Grande distribuzione organizzata (Gdo). L’aumento di vendite già registrato dalle imprese nel primo trimestre, si conferma anche per questo secondo trimestre. “L’unico dato incoraggiante arriva dalla grande distribuzione – sottolinea il presidente della Camera di commercio, Enrico Cipiccia – ben il 64% delle aziende intervistate su base congiunturale registra un aumento nelle vendite e nessuna una diminuzione. A soffrire invece il commercio al dettaglio dei prodotti alimentari. Il 59% delle imprese del settore nel secondo trimestre ha visto diminuire le proprie vendite. Questo andamento indica una attenzione sempre più marcata delle famiglie al contenimento della spesa e una difficoltà strutturale del commercio ad uscire dalla crisi. Non migliora la situazione neanche per il trimestre in corso, il terzo, ad aumentare le vendite saranno solo gli ipermercati”.
Per quanto riguarda le previsioni, lo scenario nel breve periodo vede il perdurare della crisi del comparto nel suo complesso ad eccezione della Gdo. Tra ipermercati, supermercati e grandi magazzini, il 65% delle aziende intervistate infatti prevede di aumentare le proprie vendite tra luglio e settembre a fronte di appena il 26% del settore al dettaglio alimentare e del 9% che opera nel “no food”.
IL GRIDO DI ALLARME DEL PRESIDENTE DI CONFCOMMERCIO, IVANO RULLI “I dati diffusi ieri dalla Camera di Commercio sullo stato del settore a Terni sono drammatici – dichiara Ivano Rulli – l’andamento del commercio nel 2° trimestre 2012 rispetto al 2° trimestre 2011 indica una contrazione delle vendite del commercio al dettaglio del 8,1 %, una performance negativa ben peggiore della media regionale e nazionale. I dati ci preoccupano perché sono il sintomo di una riorganizzazione dei sistemi commerciali a scapito soprattutto del piccolo commercio al dettaglio, con particolar incidenza negativa sul centro cittadino. Tale riorganizzazione non è giustificata dagli andamenti nazionali, perché la crisi in altre regioni colpisce i piccoli esercizi, ma non con questa intensità e drammaticità”.
Per Rulli la situazione si aggrava sempre più se si confrontano i dati con le altre regioni italiane: “In particolare, i dati diventano ancora più preoccupanti se letti insieme a quelli del rapporto sulla evoluzione regionale del commercio elaborati dall’ufficio Studio Confcommercio del 25 settembre 2012. In questi ultimi infatti si evidenzia che la regione Umbria è terza in Italia per densità della superficie di vendita della grande distribuzione, dopo solo la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia, che sono regioni con un Pil pro capite molto più elevato. Inoltre l’Umbria è seconda in Italia per densità della superficie di vendita totale. Se si aggiunge che l’Umbria è una regione dove la crisi ha colpito più duro e prima che in altre, con una riduzione del Pil regionale nel 2009 sul 2008 pari a meno 5% (dati Istat) seconda riduzione più alta tra tutte le regioni italiane, il quadro diventa emergenziale”.
Tabella 1 – Densità della superficie di vendita per tipologia distributiva (mq. x 100 abitanti):
Regioni Totale Piccolo dettaglio + ambulante Grande distribuzione Valle d’Aosta 132,00
66,00
65,90
Friuli Venezia Giulia 100,10
43,30
56,80
Umbria 114,50
61,00
53,60
Veneto 93,00
45,80
47,20
Lombardia 83,70
39,10
44,50
Trentino Alto Adige 92,80
49,00
43,90
Marche 98,30
56,30
42,00
Piemonte 90,90
49,70
41,20
Sardegna 106,90
69,00
37,90
Emilia-Romagna 83,60
46,10
37,60
Abruzzo 99,30
63,10
36,30
Toscana 87,40
54,30
33,10
Liguria 83,70
55,50
28,20
Puglia 95,30
67,60
27,80
Calabria 99,80
73,10
26,70
Sicilia 80,50
56,40
24,10
Molise 89,70
67,20
22,60
Lazio 74,40
52,20
22,20
Basilicata 89,90
68,50
21,40
Campania 87,60
69,60
18,10
Nord-est 90,20
45,90
44,30
Centro 84,60
54,10
30,60
Sud 91,00
65,80
25,20
Italia 88,30
53,80
34,40
Rulli prosegue esponendo le cause di questa situazione, non dovuta solamente alla crisi: “I dati riportati dimostrano in modo inconfutabile, che non si tratta solo della crisi, ma che è in atto in Umbria una riorganizzazione dei sistemi commerciali – riferisce il presidente di Confcommercio – a scapito del piccolo dettaglio non giustificabile da nessun trend nazionale. I temi del commercio non possono essere trattati in modo semplicistico, non è ammissibile affermare che l’aumento della grande distribuzione di per sé risponde a esigenze di modernizzazione del commercio, senza spiegare che allora si intende per modernizzazione anche le tante serrande chiuse che oggi testimoniano le crisi delle imprese commerciali e contribuiscono a degradare i centri urbani e le periferie. Perché tale degrado finirebbe per danneggiare tutti, piccola distribuzione, grande distribuzione e soprattutto i cittadini. Questa riorganizzazione a scapito del piccolo dettaglio che fa registrare in Umbria e a Terni le massime incidenze nazionali, non è governata da nessuno. Gli strumenti della pianificazione commerciale sono stati depotenziati, quelli della pianificazione urbanistica, non tengono nella giusta considerazione le esigenze del commercio e dei consumatori”.
Il presidente conclude lanciando un accusa alle amministrazioni locali che latitano dal punto di vista delle riforme volte al miglioramento della situazione: “Le amministrazioni la accettano come normale, come naturale, come modernizzazione, ma i dati dimostrano che non è normale, che non è naturale, che non è una modernizzazione. Le amministrazioni locali non possono limitarsi a contemplare i dati della crisi del commercio a Terni e in Umbria – dichiara Rulli – devono anche dire cosa intendono fare e cosa stanno facendo per evitare la chiusura delle imprese commerciali e il degrado dei centri urbani e delle periferie già da tempo abbandonate. Occorre ritrovare in Umbria un equilibrio che garantisca alla grande come alla piccola distribuzione la possibilità di competere e che soprattutto discenda dalle politiche di attenzione e rivitalizzazione dei centri urbani, che sono certamente una precisa competenza dei comuni e della regione”.