Una seduta straordinaria del Consiglio comunale di Terni dedicata alla vertenza Tk-Ast: si svolgerà lunedì 13 ottobre dalle ore 10, nella sala convegni del Centro Multimediale, in piazzale Bosco. E’ quanto ha stabilito l’ufficio di presidenza. Sarà una seduta con funzione di stati generali della città, alla quale sono stati invitati a partecipare le forze economiche e sociali e i rappresentanti delle istituzioni locali, regionali, nazionali ed europee.
Il Consiglio comunale “a partire da questa iniziativa, intende affrontare la straordinarietà della situazione della città considerandosi convocato in maniera permanente per fornire il proprio contributo a livello di interlocuzione e di confronto e affrontare nel modo più produttivo ed efficace la situazione nel suo continuo evolversi”.
CNA, SI RISCHIA DESERTIFICAZIONE Intanto la Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato) dipinge il fosco scenario che attende Terni con l’applicazione del piano industriale lacrime e sangue. E’ Gianluca Bellavigna, presidente Cna dell’area di Terni, a farlo: “La scelta unilaterale di Thyssenkrupp di mettere in mobilità oltre 500 lavoratori dell’Ast e di ridurre del 20% i contratti con le imprese dell’indotto, sta mettendo a dura prova l’economia e l’orgoglio della comunità ternana. Questa decisione rischia di generare gravi effetti non solo sui destini dei lavoratori interni, ma anche per le piccole imprese del territorio. Intorno alle acciaierie infatti, si è creato un sistema di piccole e medie imprese di servizi che hanno innervato tutto il sistema economico territoriale, che da tempo sta seguendo i destini alterni del gruppo e che è stato e sarà inevitabilmente il primo a risentire i contraccolpi negativi, con decine e decine di piccole imprese dell’indotto che rischiano di chiudere i battenti. La desertificazione economica sarà dunque generale e questo ci preoccupa moltissimo, anche in termini di tenuta sociale”.
“La Cna – sottolinea Bellavigna – è al fianco dei lavoratori dell’Ast e delle piccole imprese coinvolte ed esprime preoccupazione per la drammaticità di una situazione che tocca nel profondo l’intera collettività regionale. Oltre a manifestare solidarietà, diventa fondamentale che ci si mobiliti civilmente per esprimere indignazione e partecipazione, perché Terni, l’Umbria e l’intero Paese non possono permettersi di perdere le ‘nostre acciaierie’. È grazie alle acciaierie che intere generazioni hanno avuto modo di costruire il proprio futuro, e non solo perché quello era un luogo di lavoro, ma anche un’occasione di sviluppo e di progresso civile per l’intero territorio. Il destino di Terni è fortemente legato a quello dell’Europa e al ruolo che l’Italia deve e può svolgere, con particolare riferimento alle politiche industriali nel settore dell’acciaio”.
“Ci spaventa – afferma ancora Bellavigna – che la multinazionale non ritenga strategico il business dell’acciaio e intenda dismetterlo, magari dopo averlo smantellato a vantaggio degli attuali competitors mondiali. È arrivato il momento per il Governo non solo di difendere il sito produttivo di Terni rilanciandone ruolo e prospettive, ma di dire se l’Italia può permettersi di perdere il settore dell’acciaio, ancora strategico per le sorti del comparto manifatturiero, che è quello che ci sta ancora salvando dalla catastrofe”.
Bellavigina aggiunge: “Non si può abbassare la guardia e per questo Cna ritiene importante una mobilitazione, civile e responsabile, ricordando che la nostra comunità, già in passato, ha dimostrato di sapersi rimboccare le maniche e rinnovarsi. Occorre negoziare per ridurre al minimo gli esuberi e mantenere la capacità produttiva sui livelli medi registrati negli ultimi anni, preservando relazioni corrette con le piccole imprese terze, garantendo investimenti in ricerca e sviluppo, abbattendo il costo dell’energia ma soprattutto creando le condizioni per far rientrare il sito ternano in una strategia generale, soprattutto alla luce dei movimenti in corso per la creazione di un polo siderurgico nazionale che colleghi gli altri centri produttivi italiani. In ballo – conclude Bellavigna – ci sono non solo i 130 anni di storia dello stabilimento e i tanti posti di lavoro a rischio, ma le sorti di una intera comunità e, noi crediamo, del Paese”.