Ast, oltre 400 operai hanno accettato uscita volontaria. Reparto a caldo a rischio?
A prevedere foschi scenari per le acciaierie di Terni è Paolo Brini del comitato centrale Fiom. In una lunga ed impietosa analisi pubblicata su radiofabbrica (qui l’articolo), demolisce pezzo per pezzo l’accordo firmato il 3 dicembre scorso e attacca duramente i sindacati che lo hanno accettato. Brini sottolinea la beffa delle uscite volontarie (dovevano essere 290, sono ormai oltre 400 e mettono a rischio la sopravvivenza del reparto a caldo), le riduzioni del salario (sparite le voci Pra e Pps, fortissimi dubbi sul mantenimento di un premio di produzione), nessuna salvaguardia per i lavoratori delle ditte esterne.
Per Brini non c’è nessuna garanzia sugli investimenti, è anzi a suo avviso impossibile pensare ad un rilancio dopo una riduzione di 400 operai. Soprattutto, il sindacalista sottolinea come ad ottobre la riduzione della turnazione dell’area a caldo “era ritenuta giustamente l’anticamera della chiusura delle lavorazione a caldo e quindi l’inizio della fine dello stabilimento, perché oggi non più?”. Infine Brini ricorda che Thyssenkrupp ha già più volte dichiarato e ribadito di voler uscire dal mercato dell’inossidabile e che su Ast pende la spada di Damocle della questione ambientale.
Brini conclude sostenendo che i sindacati avrebbero dovuto promuovere l’occupazione della fabbrica ed individua anche l’esatto momento in cui, a suo avviso, sarebbe stato possibile attuarla: la notte dell’11 novembre, quando, dopo uno dei tanti rinvii di incontri al Mise, la rabbia dei lavoratori era arrivata ai massimi livelli.