Mentre il Corriere della Sera, raccogliendo un’anticipazione del ministro Patroni Griffi, pubblicava la mappa delle province italiane soppresse che includeva anche Terni, ieri il Consiglio regionale votava una risoluzione sul riordino delle province umbre, a sostegno del documento del Consiglio delle autonomie locali, con il quale chiede di mantenere entrambe le province umbre.
Quello del Consiglio regionale è stato un voto partorito tra polemiche tra gruppi consiliari e spaccature all’interno di diversi partiti. Alla fine la risoluzione della Giunta ha trovato l’approvazione con 16 voti favorevoli (voti del centrosinistra). Nel Pd si è registrata la defezione del consigliere Barberini che “con amarezza” è uscito dall’aula prima del voto non essendo d’accordo con il provvedimento. I consiglieri dell’Idv Butti e Dottorini, hanno invece votato contro mandando su tutte le furie gli esponenti dell’Idv di Terni. Scintille anche all’interno del Pdl che a fatica ha trovato un compromesso per votare compatto una propria mozione per il mantenimento dell’ente ternano mettendo d’accordo anche il consigliere Lignani Marchesani, da sempre favorevole alla soppressione della provincia di Terni. Infine Nevi (Pdl) e Stufara (Prc) hanno polemizzato tra loro circa la compattezza o meno dei rispettivi gruppi consiliari.
Dunque il Consiglio regionale ha votato con grande affanno la risoluzione che promuove il riordino territoriale delle province di Perugia e Terni per mantenere in vita quest’ultima. Una fatica che sembrava già rivelarsi vana ancor prima dell’inizio dei lavori viste le dichiarazioni del ministro Patroni Griffi, assolutamente fermo nell’intenzione di sopprime 36 province (compresa Terni) senza concedere alcuna deroga. Il Governo, in sostanza, impone l’accorpamento di Terni con Perugia senza lasciare alcuna possibilità di trasferire comuni da un ente all’altro.
L’unica strada che rimane aperta sembra essere quella di un riordino basato sull’iter previsto dall’articolo 133 della Costituzione. Un percorso che dovrebbe ripartire da zero, con uno specifico voto dei Consigli comunali interessati dal passaggio di provincia. Un percorso lungo e accidentato, che richiede diversi anni prima di andare in porto. Nei prossimi giorni si comincerà quindi a ragionare su possibili alternative da adottare, si tornerà a parlare del referendum di Terni con il Lazio (per il quale non è ancora stata fissata una data) e di più o meno cervellotiche soluzioni che consentano all’ente ternano di sopravvivere o di sopportare con meno ripercussioni la soppressione.