Diocesi di Terni, il presunto sistema dietro al debito milionario. Gli aiuti dallo Ior e le guerre in Vaticano
Il debito. Prima si è parlato di 18, poi di 23: ora c’è chi ritiene che l’indebitamento della Diocesi di Terni superi i 30 milioni di euro. Una voragine che, più tempo passa, più appare grande. Stando a quanto trapelato dalla Relationem (il segretissimo dossier realizzato da tre cardinali su richiesta di Papa Ratzinger contenente anche alcune pagine dedicate alla Diocesi ternana), la maggior parte dell’esposizione è costituita da “debiti bancari per ristrutturazione di patrimonio immobiliare”. In buona sostanza sembra che la Diocesi abbia ristrutturato decine di chiese ed altri edifici continuando a prendere soldi in prestito. La Diocesi non si è comunque limitata a ristrutturare: nel corso degli anni ha intrapreso decine di investimenti immobiliari di varia natura, portati avanti con numerose società (qui l’articolo).
La spiegazione di Paglia. Monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni dal 2000 al 2012, ha parlato dei debiti della Diocesi una sola volta, lo scorso marzo al Corriere della Sera: “Tutto si è svolto in maniera regolare. La sofferenza economica mi era ben nota. C’era un problema già nell’amministrazione precedente e poi abbiamo intrapreso la costruzione di vari complessi parrocchiali. Il denaro utilizzato per la ristrutturazione di immobili o di chiese che doveva rientrare dalle casse parrocchiali non è arrivato e ciò ha aggravato il debito, sul quale già pesavano anche alcune acquisizioni di immobili per uso diocesano. Era stato fatto un ripiano attraverso la vendita di alcuni immobili non più utilizzati, la crisi ha reso tutto più difficile. Abbiamo preferito non svendere gli immobili, ma questo ha fatto sì che le esposizioni bancarie pesassero in maniera pesantissima”.
Il sistema. Sarà probabilmente il tribunale ad accertare se alla base dell’indebitamento ci siano altre cause oltre a quelle indicate da Paglia. Nel frattempo Terni Oggi ha raccolto la versione dei fatti di una fonte ben informata. Secondo la sua ricostruzione, le casse della Curia sono state sistematicamente svuotate grazie al sodalizio tra un imprenditore edile (non ancora finito al centro delle cronache) e un dirigente della Diocesi. Funzionava così: grazie all’intercessione del dirigente, le ristrutturazioni immobiliari venivano affidate alla società dell’imprenditore che effettuava normalmente i lavori ma poi applicava prezzi fuori mercato, con ricarichi elevatissimi. Cifre iperboliche che la Diocesi pagava puntualmente alla società edile; questa a sua volta girava parte del ricavato al dirigente stesso. Ci sarebbe quindi stato un ingente travaso di denaro dalle casse della Diocesi alle tasche di (almeno) due privati. A prendere parte al sistema e a spartirsi la torta potrebbero però essere state più persone.
“Il sistema andava avanti da anni e nel settore edile lo sapevano tutti” spiega la nostra fonte che aggiunge: “So con certezza che negli ultimi anni almeno 3 chiese sono state ristrutturate da un imprenditore edile ternano che, d’accordo con un dirigente della Diocesi, ha applicato ricarichi elevatissimi. Il forte guadagno è stato poi spartito dagli stessi due”. Sempre secondo la nostra fonte, lo stesso copione potrebbe essere stato messo in pratica con altri soggetti e qualcuno potrebbe aver spesso chiuso un occhio. E’ in effetti improbabile che il sistema possa aver funzionato senza che il dirigente potesse contare su qualche altra complicità. A supporto della ricostruzione, oltre alle voci che giravano da tempo, chi ce ne ha parlato ha recentemente ricevuto conferme dirette da ambienti della Curia.
I soldi dei ternani. Impossibile non andare con il pensiero agli 890 mila euro che tra il 2001 e il 2009 il Comune di Terni, sotto la guida di Paolo Raffaelli, ha versato nelle casse della Diocesi di Terni (qui l’articolo). Si tratta della destinazione degli “oneri di urbanizzazione secondaria”. Soldi pubblici ufficialmente destinati proprio a ristrutturazioni immobiliari di alcune chiese. Il dubbio, tutto da verificare, è che anche quelle risorse (che il Comune ha facoltativamente versato alla Diocesi) possano essere state risucchiate dal presunto sistema ed una cospicua parte di esse possa quindi essere finita nelle tasche di privati.
Rassicurazioni. Lo stesso Paglia ha affermato di essere sempre stato al corrente delle difficoltà economiche. Stando a quanto pubblicato (e non smentito o rettificato) da altri organi di informazione, i dipendenti della Diocesi avrebbero sempre ricevuto rassicurazioni: forse, più che sulla Divina provvidenza, si contava su un intervento risolutivo dello Ior o dell’Apsa.
Veleni vaticani. Calcoli che, qualora siano mai stati fatti, si sono rivelati sbagliati. Non solo dal Vaticano non è arrivato alcun tempestivo aiuto economico ma la disastrata situazione della Diocesi di Terni, stando alle indiscrezioni, sarebbe diventata un’arma da impiegare nella guerra tra diverse “correnti” d’Oltretevere. Quella di cui monsignor Paglia è importante esponente, la Comunità di Sant’Egidio (che i romani hanno ribattezzato “l’Onu de Trastevere”), nel 2012 ha toccato il suo apice con l’ascesa sia in Vaticano (dove ha occupato posizioni rilevanti), sia in campo politico (con il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi, nominato ministro del Governo Monti). Tutto quel potere e quello spazio che era riuscita ad occupare deve aver iniziato ad infastidire membri di altre correnti, soprattutto quelli che da sempre mal sopportano l’Onu de Trastevere. Così, mentre la Diocesi di Terni affogava nei debiti, alte sfere del Vaticano avrebbero deciso di approfittarne per riequilibrare i rapporti di potere colpendo mediaticamente uno dei punti di riferimento della Comunità di Sant’Egidio.
Secondo indiscrezioni della stampa, le decisioni maturano a marzo 2012, quando i piani alti d’Oltretevere sono in fermento: da meno di un anno è entrata in vigore la legge antiriciclaggio per lo Ior e ci sono le prime conseguenti decisioni da prendere; c’è da rispondere alle richieste di alcune Procure italiane ed è necessario dare un segnale di cambiamento. Viene stabilito che la banca si mostrerà collaborativa con la giustizia italiana e vengono scelte alcune “vittime” da sacrificare alla nuova immagine dello Ior. Secondo Repubblica, in un incontro del 13 marzo 2012, i potenti del Vaticano scelgono 4 casi minori da dare in pasto alla magistratura e alla stampa.
Successivamente, sempre secondo Repubblica, “la fabbrica dei veleni vaticana mette in circolo le carte relative al ‘buco’ di Don Paglia”. A spingere per questa soluzione sarebbe stato soprattutto l’arcivescovo Ettore Balestrero (all’epoca in Vaticano come sottosegretario per i Rapporti con gli Stati e pupillo del Segretario di Stato Tarcisio Bertone) che “si sa, è uomo assai stimato dall’ex premier Berlusconi. Paglia invece è un esponente della sinistra ecclesiastica”.
A quel punto, prima che cominci lo stillicidio di notizie sui debiti della Curia, sarebbero entrate in azione le “forze alleate” che avrebbero premuto e ottenuto il trasferimento di monsignor Paglia in Vaticano e sarebbero riuscite, almeno inizialmente, ad evitare clamori sulla situazione della Diocesi. In particolare, per il giornalista dell’Espresso Sandro Magister, è Andrea Riccardi a “muovere tutte le leve per coprire il suo protetto”. A fine giugno 2012 è arrivato l’annuncio: dopo 12 anni monsignor Paglia lascia Terni. Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 si inizia a parlare di “conti in rosso”. Il 3 febbraio 2013 arriva la notizia di una sorta di commissariamento: la nomina di un “amministratore apostolico” per la Diocesi, il vescovo Ernesto Vecchi. Il giorno seguente il Corriere della Sera a pagina 16 pubblica un trafiletto in cui, riprendendo notizie locali, parla di dipendenti della Diocesi che, preoccupati per il loro posto di lavoro, si sono rivolti alla Cgil. Da quel momento si apre il vaso di Pandora: decine di articoli, servizi tv, avvisi di garanzia, rievocazione di intercettazioni telefoniche e grande clamore.
Gli aiuti dello Ior. Solo a fine maggio 2013 lo Ior ha preso la situazione in mano iniziando ad alleviare la situazione economica della Curia ternana: si è parlato di aiuti per oltre 15 milioni di euro. Le tempistiche di questo intervento sembrano confermare l’ipotesi di “congiura vaticana” nei confronti di Paglia. Se infatti queste risorse fossero arrivate a Terni un anno prima, nessuno avrebbe parlato di “conti in rosso”, i dipendenti non si sarebbero rivolti alla Cgil, il Corriere della Sera non avrebbe avuto alcuna notizia da riprendere e rilanciare, monsignor Paglia avrebbe avuto la strada spianata alla porpora cardinalizia e ben pochi ternani avrebbero nutrito dubbi sulla gestione economica della Diocesi.