L’apertura della nuova sede di Medicina si è trasformata in un’assurda commedia. Come in “Aspettando Godot”, tutti parlano di qualcosa che non avviene mai e le promesse sono continuamente disattese e rinviate. A differenza dei barboni dell’opera teatrale di Samuel Beckett che rimangono in attesa senza mai muovere un dito, gli studenti di Medicina di Terni non sono più disposti ad assistere inerti ad un clamoroso spreco di soldi pubblici e continuare a subire disagi e difficoltà.
La struttura della nuova sede, costata oltre 15 milioni di euro, avrebbe dovuto aprire i battenti per l’anno accademico 2009/2010. Fatti due calcoli, ci si accorse che i costi di gestione di una struttura così grande erano troppo onerosi e si decise di rinviare a tempi più prosperi il passaggio dalla vecchia alla nuova sede. Di annuncio in annuncio si è arrivati alle soglie di aprile 2012 con una nuova promessa (per il prossimo anno accademico) e con la struttura ancora chiusa che comincia lentamente a logorarsi insieme alle attrezzature ancora imballate (costate circa 450mila euro) destinate ai laboratori di ricerca che avrebbero dovuto affiancare le attività didattiche. “In compenso però ogni giorno vengono spesi soldi per pagare la vigilanza presente ad ogni ora del giorno e della notte” affermano gli studenti con un comunicato.
Nello stesso comunicato spiegano cosa significhi per loro la mancata apertura della nuova struttura: “La vivibilità all’interno della vecchia sede è a dir poco insostenibile, a partire dalle aule che sono insufficienti per garantire a tutti gli studenti un posto a sedere anche se tutte le sedie e tutti i banchi fossero integri (cosa che non è). Nella biblioteca ‘piove’, ci sono infiltrazioni d’acqua e d’inverno gli studenti sono costretti ad indossare i piumini dato il mancato funzionamento dei riscaldamenti”. Inoltre per circa 700 studenti ci sono solo “12 computer, 6 wc per gli uomini e 6 wc per le donne”.
“Noi studenti – concludono – siamo stufi di tante promesse e prese in giro, vogliamo che la sede apra. Non tanto per una questione d’immagine, piuttosto per una questione morale, perché non vogliamo che i soldi di studenti e cittadini vengano così inutilmente spesi”.