Il sindaco Leopoldo Di Girolamo prende spunto dalle critiche che il vescovo Vincenzo Paglia ha rivolto alla classe politica ternana per proporre una riflessione sulle prospettive della città. “Concordo con le parole espresse nell’omelia di San Valentino dal vescovo: è necessario mettere in discussione molte delle scelte di questi ultimi anni” è la premessa di Di Girolamo. Nella lettera inviata al Giornale dell’Umbria il sindaco esprime però ottimismo: “Sono sempre più convinto che Terni non è assolutamente destinata al declino ma ha nuove chances di crescita se punta a consolidare la propria base industriale con l’apertura di nuove frontiere di innovazione scientifica ed imprenditoriale e se continua a scommettere su frontiere solo apparentemente lontane dal suo codice genetico (cultura, terziario avanzato, turismo etc)”.
Il sindaco spiega che tipo di sviluppo ha in mente: “Terni deve restare una città industriale ma deve confrontarsi con nuovi prodotti, materiali, mercati. Deve farlo facendo uno scatto in avanti per essere più attrattiva e flessibile con una politica capace di rischiare e di scegliere. Una città che include, accoglie, integra ma con maggior rispetto dei doveri e più senso civico. Una città d’eccellenze nei servizi alla persona. Una città che investa sulla cultura e sulla creatività non come statici strumenti intellettuali ma come settori produttivi strategici e fattori essenziali di sviluppo”.
“Servono due cose su cui il nostro vescovo ha posto l’accento nel suo intervento: un progetto condiviso per la città ed una classe dirigente adeguata e consapevole. Per quanto riguarda il progetto penso che la proposta di Piano strategico possa essere il terreno su cui confrontarsi. Sarà un confronto aperto e libero in cui ognuno potrà portare il proprio contributo. La questione della qualità delle classi dirigenti locali è molto difficile e complessa. C’è bisogno sicuramente di un forte rinnovamento perché ogni momento storico deve essere governato da soggetti coerenti con quella fase, inseriti in quel flusso. Le classi dirigenti però non si decidono a tavolino o si costruiscono in laboratorio, ma si formano nella temperie delle battaglie politiche e sociali e trovano la loro validazione attraverso un riconoscimento democratico”.
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