Sindacati: ”Ast deve rimanere integra”. Marini: ”Su vendita necessario ruolo attivo del Governo”

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Le acciaierie di Terni devono rimanere integre. Oggi pomeriggio l’hanno ribadito le segreterie provinciali e le rsu di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm, Fismic e Ugl e l’ha ribadito la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini chiedendo anche che il Governo italiano eserciti un ruolo attivo. L’occasione per tornare a parlare della vendita dell’Ast decisa da Outokumpu per rispettare i vincoli dell’Unione europea nella fusione con Inoxum-ThyssenKrupp è stato il convegno sull’acciaio inox “Recupero, riciclo, riutilizzo, risparmio – Le 4 ‘R’ della competitività” che si è svolto oggi al Centro multimediale.

Nella relazione introduttiva unitaria, letta da Riccardo Marcelli della segreteria della Fim-Cisl, tutte le sigle sindacali hanno sottolineato che “qualsiasi ipotesi di vendita deve salvaguardare i livelli occupazionali diretti e indiretti” e che “l’eventuale acquirente deve avere caratteristiche e spessore internazionale”. Per questo i sindacati ritengono “indispensabile e irrinunciabile” il confronto al tavolo ministeriale con la società cedente e con l’eventuale società acquirente.

Nella relazione è stata rimarcata la strategicità del sito ternano, che “si colloca tra i primi produttori mondiali di piani inossidabili e si qualifica, come gruppo di dimensioni mondiali per l’impiantistica moderna e sofisticata, per le innovazioni tecnologiche e produttive, per il rigoroso controllo della qualità che garantisce un elevato livello dell’intera produzione”. Le rappresentanze sindacali ritengono però che sia necessaria “una normativa europea chiara, semplice e trasparente in grado di certificare l’utilizzo finale dell’acciaio inox, dalla sua composizione chimico-fisica e che sia in grado di porre argine ai prodotti non certificati provenienti da importazioni selvagge da paesi che non sono in grado di produrre acciai certificati”.

L’attenzione del convegno è stata concentrata, in particolare, sull’importanza della gestione delle risorse energetiche, visto che l’obiettivo del settore siderurgico “è quello di massimizzare il recupero, riuso, riciclo, risparmio, dell’acciaio attraverso la concezione, la sperimentazione e l’adozione di nuove tecnologia”. Il settore è infatti impegnato nella prevenzione della generazione degli scarti insieme ad un aumento del riciclo dei sottoprodotti. “Il conferimento in discarica dei residui della lavorazione non è un ciclo infinito e per il sito di Terni – ha detto Marcelli – a breve potrà divenire un serissimo problema che, se non adeguatamente risolto, potrebbe portare alla chiusura della sua parte fusoria, ad aggravi insostenibili di costi, alla perdita della competitività legata al ciclo integrato fino ad arrivare a conseguenze ancor più gravi e dolore”. Le autorizzazioni per il conferimento nella nuova discarica – è stato detto ancora – sono una soluzione temporanea che “con gli ipotetici quantitativi fusori stimati (1,5 milioni di tonnellate anno di fuso) danno un arco temporaneo di respiro che si aggira intorno ai tre-cinque anni”.

Per la presidente dell’Umbria Catiuscia Marini “è’ assolutamente necessario che il Governo italiano eserciti un ruolo attivo e sia vigile nella delicata fase della gestione del passaggio della proprietà delle acciaierie di Terni in quanto in gioco non c’è solo il destino di una fabbrica, bensì quello di tutta l’industria siderurgica italiana”.

“I prossimi sei mesi (termine entro il quale dovrà essere definita la vendita dell’Ast) saranno dunque fondamentali – ha proseguito la presidente – e per questo chiederemo al Governo che, anche attraverso il tavolo nazionale, eserciti una funzione di costante monitoraggio affinché la Commissione europea assuma decisioni di concerto con lo stesso Governo italiano, che puntino a salvaguardare sia l’integrità del sito industriale di Terni, ma anche gli interessi generali dell’economia italiana che hanno nell’industria siderurgica, di cui Terni rappresenta una eccellenza, un punto irrinunciabile”.

La presenza di un’industria siderurgica nazionale per la produzione di acciai speciali “non può quindi essere lasciata alle sole dinamiche delle relazioni commerciali tra operatori di mercato rispetto ad una transazione come quella che Outokumpu dovrebbe realizzare per la cessione del sito integrato di Terni disposta dall’Antitrust europeo”. Anzi, la Commissione Europea ed il Governo italiano, a suo avviso, devono operare affinché quale che sia la soluzione del passaggio della proprietà, questa deve offrire garanzie certe sul fatto che “il sito siderurgico ternano e le imprese ivi operanti permangano nel contesto dell’operatività di un ‘player globale’ e leader nell’industria siderurgica in grado a sua volta di garantire non solo l’integrità del sito, ma anche adeguate prospettive di mercato alle acciaierie, preservandone capacità produttiva e occupazione”.

“Il tema su cui vigileremo – ha aggiunto la presidente – e ci riteniamo mobilitati è quello di una cessione che comprenda tutto il perimetro degli impianti ternani, compreso il Tubificio di Terni che insieme alla Società delle Fucine rappresentano le necessarie appendici produttive dell’impianto siderurgico”.

La presidente ha anche voluto mettere in guardia circa la necessità di “non consentire che si giochi una partita in cui il prezzo sia l’unica determinante, o in cui il venditore giochi solo per ricercare il miglior offerente per ottenere magari significative plusvalenze”.

Un altro rischio paventato dalla presidente Marini, se la Commissione Europea non eserciterà un ruolo di garanzia degli interessi del mercato europeo e di un suo equilibrio in ambito continentale, è quello di “uno spostamento dell’asse produttivo di un settore strategico come quello degli acciai speciali e dei prodotti laminati piani esclusivamente sui Paesi del nord dell’Unione, indebolendo in questo modo il nostro sistema produttivo ed il potenziale di sviluppo del settore e del settore manifatturiero in generale. E sarebbe davvero un controsenso per il nostro Paese professare per un verso la necessità di rilancio dell’industria manifatturiera, e per l’altro verso non saper difendere quella siderurgica che dovrebbe alimentarla”.

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