La vicenda era emersa a fine maggio: Radio Galileo ha incassato (e continua ad incassare) quasi mezzo milione di euro all’anno poiché organo del partito politico Cittaperta fondato dal sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo (qui l’articolo). Oggi Il Giornale torna a parlare di quei soldi pubblici e, al pari di altre cinque emittenti, giudica Radio Galileo una “radio mangiasoldi di partitino” che “incassa fondi pubblici ma è voce di sigla-fantasia”.
L’autore dell’articolo, Paolo Bracalini (che ha scritto anche il libro di successo “Partiti Spa”) ricorda la classificazione di Italo Bocchino che suddivideva in tre tipologie l’editoria che gode di contributi pubblici: “I giornali veri di partiti veri, i giornali veri di partiti finti e i giornali finti di partiti finti”. “Stesso discorso – aggiunge Bracalini – vale per le radio di partito”. Secondo tale teoria Radio Galileo sarebbe quindi una radio vera di un partito finto.
Per Bracalini Radio Galileo “nell’ultimo anno ha ricevuto 412.456,82 euro come organo del movimento politico Cittaperta. Un regalo di un parlamentare che ha garantito. Chi? Il medico chirurgo Leopoldo Di Girolamo eletto in Senato col Pd nel 2008, e nel 2009 eletto sindaco di Terni”.
Nonostante sia finito al centro di molti articoli di giornale (tra cui quello del Corriere della Sera), di polemiche e dibattiti infuocati, Di Girolamo non ha mai rilasciato alcuna dichiarazione a riguardo e continua a non replicare a chi lo accusa di aver creato un partito finto per drenare soldi pubblici. Nemmeno i vertici e i semplici militanti del Pd sembrano essersi chiesti come sia possibile che Di Girolamo sia iscritto e rappresentante del Pd e al tempo stesso fondatore e vertice di un altro partito, Cittaperta. Eppure il regolamento dello stesso Partito Democratico parla chiaro: “Non è consentito il rilascio della tessera a persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altre formazioni politiche all’interno di organi istituzionali elettivi, ai sensi dell’art. 2 comma 8 dello Statuto”. Insomma, il primo cittadino non avrebbe i requisiti per restare nel Partito Democratico.
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