Terni, disastro Fontana piazza Tacito, Italia Nostra: ”Mosaici irrecuperabili, rovinati da errato metodo pulizie”
A luglio 2013 erano iniziati i lavori di restauro della Fontana finanziati da Comune di Terni, Asm, Ast e Fondazione Carit: l’obbiettivo era riportare il monumento agli antichi splendori. Ora è però evidente che non sarà possibile, almeno non nel modo in cui era stato programmato. Lo spiega dettagliatamente Italia Nostra Terni che chiede di fermare i lavori e riflettere sul da farsi: ricostruire un mosaico evitando osceni falsi e al tempo stesso ridare dignità all’intera piazza, oppure rinunciare definitivamente alla Fontana.
Il comunicato di Italia Nostra Terni:
“Nel panorama di smarrimento e di profonda crisi in cui versa la città di Terni, la Fontana viene integrata alla precarietà del presente: mitizzata o desacralizzata, è lì a rappresentare lo stato di salute della città odierna. A livello storico-artistico non è la fontana realizzata nel 1933-1936 da Mario Ridolfi e Mario Fagiolo e impreziosita dal mosaico di Corrado Cagli; essa è rifacimento contemporaneo –del 1961– di un’opera semidistrutta dal bombardamento del 14 ottobre 1943, rifacimento d’autore, poiché coinvolse gli stessi artisti, opera che andava conservata con opportuna dovizia. Non è successo. La società cambia e, con lei, l’urbanistica; la Fontana, pensata per essere un punto di aggregazione, divenne rotonda stradale e vasca privilegiata per festeggiare impropriamente eventi sportivi.
Oggi veniamo ufficialmente a sapere che i mosaici sono irrecuperabili, poiché, dopo il restauro del ’95, l’approccio manutentivo è stato esattamente lo stesso ed è questo il peccato originale della bislacca operazione cui si è dato il via: come abbiamo già scritto lo scorso agosto, la Fondazione, che tanto aveva contribuito al restauro del ‘95, non ha mai denunciato pubblicamente lo stato delle cose, non ha mai levato nemmeno grida di manzoniana memoria verso Istituzioni totalmente disinteressate, nonostante la devastazione in atto, né ha mai richiesto un protocollo scritto per la manutenzione. Eppure già una volta furono investiti soldi di tutti i ternani, che però, non a caso, hanno nel frattempo vivacemente protestato. Sarebbe poi paradossale se la Fondazione Carit intervenisse con altre risorse senza aver considerato l’inesistente stato conservativo delle decorazioni, il che autorizzerebbe a pensare che sia mancato anche un adeguato studio preventivo rispetto alla grancassa che ne è seguita.
Come detto mesi fa, la Fondazione Carit non è un bancomat; e il Comune, per parte sua, risponderà alle Autorità preposte di uno scempio scientemente continuato per troppo tempo, gravissimo degrado non così diverso da quello odierno di Colle dell’Oro, del teatro Verdi e di numerosi altri beni pubblici.
Anzitutto affermare la verità sul passato, accertando le relative responsabilità pubbliche, chiarendo chi debba accollarsi i costi di questa distruzione. Si proceda intanto all’immediato blocco dei lavori, riflettendo sull’intero progetto con le istituzioni preposte alla tutela, aprendo alla discussione anche le associazioni locali che si occupano di coadiuvare lo Stato nello svolgimento della propria funzione.