Iniziato restauro Fontana di piazza Tacito, Italia Nostra e Wwf: ”Fondazione non sia bancomat ma vigili”

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Fontana di piazza Tacito lavoriSono finalmente iniziati i lavori di restauro della Fontana di Piazza Tacito. Per mettere insieme i circa 600 mila euro necessari a restituire a Terni uno dei suoi simboli, stanno cooperando Comune di Terni, Asm, Ast e Fondazione Carit (qui l’articolo). Si tratta, ricordano Italia Nostra e Wwf, del terzo restauro negli ultimi 50 anni.

Le due associazioni, tramite i loro presidenti Andrea Liberati e Giuseppe Rinaldi, esprimono soddisfazione per il via dei lavori ma fanno notare che “mentre l’intervento degli anni ’50 è durato quasi un quarantennio, quello del ’96 risultava compromesso già poco dopo il 2005. Al riguardo, in molti hanno sottolineato la totale assenza di una manutenzione corretta: negli ultimi anni non si ricordano, però, pubbliche quanto necessarie prese di posizione da parte della Fondazione Carit medesima che tanto aveva contribuito a quel ripristino”.

“E’ bene pro futuro – continuano Liberati e Rinaldi – che, a seguito di operazioni di restauro, le risorse stanziate dalla Fondazione costituiscano il presupposto della più ampia responsabilità del board: che significa? Significa denunciare senza indugi alle competenti Autorità ogni iniziativa volta a danneggiare un bene risanato con i denari di tutti, dei nostri padri e di chi verrà dopo di noi. E’ successo? Non pochi iniziano a interrogarsi su come venga selezionata la classe dirigente di una fondazione bancaria. E’ mera emanazione della politica locale? Quali requisiti sono richiesti per far parte di un organismo così delicato?”.

Italia Nostra e Wwf scrivono ancora: “Non è tollerabile che la Fondazione sia chiamata a stanziare dopo 10/15 anni risorse ingenti per un patrimonio che essa stessa è deputata a difendere con modalità ovviamente anche diverse da quelle di una generosa dazione di danaro, ad esempio segnalando doverosamente alle Soprintendenze dell’Umbria, con cui da sempre collabora, tutti gli eventi che squalificano e annullano le eseguite azioni di conservazione. Forse, così facendo, la Fontana sarebbe stata ancora integra e la Fondazione avrebbe potuto perciò destinare importanti risorse ad altro nobile fine”.

“Analogo ragionamento – proseguono – si può estendere: se la Fondazione avesse fatto valere in ogni sede la propria forza e il proprio antico carisma, diversamente forse sarebbe finita anche la storia di certe facoltà universitarie del cosiddetto Polo di Terni, per anni profumatamente mantenute in assenza di un convincente disegno strutturale, tanto che sono state presto cancellate senza che si levasse almeno un’accorata protesta da parte di coloro che le avevano finanziate”.

Per Liberati e Rinaldi “non siamo dinanzi a ‘incombenze’ da cui ci si possa sottrarre, sostenendo magari che lo statuto non le preveda; si tratta di qualcosa che infatti risale alle nostre radici culturali, a quel che gli antichi greci chiamavano ‘agrapta nomina’, le leggi non scritte, come il sentirsi massimamente responsabili a ogni livello (morale, civile, professionale) di beni pubblici dei quali si è istituzionalmente preposti alla difesa non tanto in quanto soci di una pur stimabile Fondazione bancaria, ma anzitutto come membri e dirigenti della comunità locale. Come donne (non ve ne sono nel board!) e uomini liberi”.

In conclusione Italia Nostra e Wwf scrivono: “Interventi come quelli sulla Fontana oggi, come sull’Università ieri, sarebbero encomiabili soltanto se accompagnati da quotidiane attenzioni verso quei beni, in tal modo concretamente protetti per gli anni a venire. Altrimenti si precipita nella beneficienza spicciola, col rischio di gettare soldi al vento”.

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