Com’è noto l’Isrim, centro di ricerca di Terni, è ad un passo dal fallimento. I 32 dipendenti nelle ultime settimane le hanno tentate tutte ed ora provano a giocare l’ultima carta: chiedere direttamente al presidente del Consiglio Matteo Renzi di essere ricevuti e di intervenire. Lo hanno fatto inviando una lettera in cui viene riassunta la vicenda del centro dell’istituto che ha sede a Pentima.
A Renzi aveva già scritto il rappresentante di Confimpresa Umbria, Francesco Bartoli, che spiega però di non aver ricevuto risposta. Lo stesso Bartoli rivolge oggi “un appello a tutti i consiglieri di opposizione affinché nella seduta di giovedì venga presentato un atto di indirizzo sulla vicenda Isrim in cui si chieda l’inserimento del possibile fallimento Isrim all’ordine del giorno del Consiglio comunale prima della data dell’11 luglio in modo che il nuovo Consiglio comunale possa esprimersi e dare mandato al sindaco di opporsi al possibile fallimento, o che comunque questo avvenga solo dopo aver individuato una soluzione alternativa per i lavoratori dell’istituto”.
Infine Bartoli fa sapere che i dipendenti dell’Isrim “chiedono il rispetto della legge di stabilità e a tal fine hanno protocollato un documento in Regione (che poi andrà ai vari uffici competenti), Comune, Provincia e prefettura in cui richiedono come previsto dalla legge il ricollocamento allegando tutti i loro curricula”.
Questa è la lettera integrale inviata dai dipendenti dell’Isrim al presidente del Consiglio:
Buongiorno Presidente Matteo Renzi,
facciamo seguito alla mail inviata il 18 giugno u.s., alla quale non abbiamo avuto risposta (forse perchè non trasmessa correttamente, visto che anche inviare una semplice mail da ISRIM in Liquidazione Scarl risulta ormai impresa complessa?).
Siamo comunque ancora qui, fiduciosi che almeno Lei possa ascoltare le nostre ragioni.
Le riassumiamo molto sinteticamente la vicenda.
ISRIM Istituto di Ricerca e Formazione sui Materiali e sulle Biotecnologie Ambientali nasce a Terni nel 1989 con una compagine societaria prevalentemente pubblica (Comune di TR, Provincia di TR, Sviluppumbria (partecipata dalla regione al 100%), unioncamere, comune di Narni, università di PG), il cui socio di maggioranza relativa è Sviluppumbria, grazie ad uno stanziamento di 32 miliardi di vecchie lire (fondi pubblici europei e nazionali). I locali tutti e il parco strumenti in gran parte è di proprietà della Regione dell’Umbria.
L’Istituto si occupa di attività di servizi avanzati alle imprese (analisi chimiche, chimico-fisiche,
ecotossicologiche, microbiologiche, prove meccaniche, prove al fuoco, prototipazione rapida) e di ricerca e sviluppo nel settore dei materiali polimerici e delle biotecnologie ambientali, avvalendosi di personale altamente qualificato, con competenze specialistiche maturate in anni di studi, approfondimenti ed esperienze anche all’estero.
Nel 2001 viene privatizzato attraverso la cessione della quasi totalità delle quote di Sviluppumbria a Tecnofin Spa (uno studio di ingegneria con core business completamente diverso da quello di ISRIM) senza passare, per di più neanche attraverso un bando ad evidenza pubblica che avrebbe potuto individuare operatori con aree di affari più vicine a quella dell’Istituto.
Le quote, inoltre, non saranno mai pagate, tanto che nel 2011 con l’ennesimo rifiuto a saldare il debito, la proprietà torna a Sviluppumbria.
Per 10 anni la “proprietà privata” ha intanto nominato Amministratori Delegati, VicePresidenti, e Direttori che con la loro gestione, quando assolutamente inesistente e privatistica ( nel senso peggiore del termine come spiegato oltre ) , è risultata viceversa del tutto inefficace per creare nuovi e credibili rami di affari per la sostenibilità dell’istituto , come noi lavoratori temevamo.
Veniamo ad oggi. Nel 2011 Sviluppumbria, tornata a forza socio di maggioranza relativa, nomina come amministratore unico un suo funzionario con il preciso obiettivo di rilanciare l’istituto, già in fortissima crisi anche a causa del fallimento della Tecnofin spa, attraverso un’operazione di aumento di capitale e ingresso nella compagine di nuovi investitori.
Non solo la missione è miseramente fallita, ma alla fine di ottobre 2013 i soci pubblici hanno votato la messa in liquidazione di ISRIM.
Dal 13 novembre si sono insediati i liquidatori che hanno messo in cassa integrazione a 0 ore circa 18 dipendenti, mantenendo in attività, seppure in riduzione di orario, circa 10-12 risorse.
Teniamo a precisare che le 32 risorse (27 dipendenti e 5 collaboratori) dopo 4 anni di Cassa Integrazione (-30% dello stipendio), un anno di Contratto di Solidarietà (-50% dello stipendio), in condizioni di lavoro assolutamente disagiate (senza riscaldamento, con circa 5°C nei laboratori e negli uffici) hanno continuato a lavorare con regolarità nonostante il fatto che con novembre 2013 si fosse arrivati al quarto mese totalmente senza stipendio.
A dicembre al personale in collaborazione non è stato rinnovato il contratto e circa l’80% dei dipendenti e stato messo in CIGD a 0 ore.
E’ stato quindi aperto un bando con evidenza pubblica per raccogliere manifestazioni di interesse per ISRIM che si è chiuso il 24 marzo u.s. con 2 proposte.
Siamo dovuti arrivare al 5 maggio perché l’assemblea dei soci si riunisse per decidere a quale delle due manifestazioni di interesse dare seguito.
Contemporaneamente (pochi giorni dopo) si concludeva un’indagine della Guardia di Finanza che, a conferma dei nostri timori, individuava in alcuni amministratori e dirigenti presumibili (le indagini sono ancora in corso) irregolarità nella gestione di alcuni fondi per la ricerca. In seguito a ciò abbiamo appreso che è arrivato, puntuale , il ritiro dell’unico acquirente interessato a salvare l’istituto . Intanto tutto il personale è stato messo in cassa integrazione a 0 ore perdendo così anche le ultime attività di servizi che eravamo riusciti a mantenere in piedi.
Come se ciò non bastasse è stata fissata inoltre nella data dell’11 luglio una nuova assemblea per deliberare sulla messa in fallimento dell’Istituto.
Presidente, siamo a chiederLe, è così che le nostre amministrazioni locali (comunale, provinciale, regionale, tutte a maggioranza di centro sinistra) intendono investire sull’innovazione e sullo sviluppo? chiudendo l’unico centro di ricerche del territorio e mandando a casa 32 professionisti qualificati? Anche per noi dunque si prospetta l’ormai consueto scenario di cercare una occupazione oltreconfine, visto che il nostro paese non è in grado di valorizzare le nostre professionalità?
Certi di un Suo riscontro, Le chiediamo l’opportunità di un incontro per meglio illustrarLe quanto sinteticamente Le abbiamo sopra raccontato e per cercare di individuare, qualora ce ne fossero, delle possibili soluzioni.
I dipendenti e collaboratori ISRIM”