Terni, lavoratori Isrim senza stipendio da 6 mesi: ”Istituzioni e burocrazia incapaci”
“A dispetto delle tante parole rassicuranti, degli inutili attestati di stima, della prosopopea con la quale si parla pubblicamente di ricerca e servizi avanzati alle imprese, la nostra situazione lavorativa continua a peggiorare” spiegano in un comunicato. “Dopo 4 anni di Cassa Integrazione (-30% dello stipendio), 1 anno di Contratto di solidarietà (-60% dello stipendio) e 6 mesi di lavoro non retribuito (-100% dello stipendio!)” i lavoratori si chiedono se i sacrifici ai quali hanno sottoposto le proprie famiglie trovino riscontro in un pari impegno delle Istituzioni e degli Enti pubblici (Regione Umbria, Provincia di Terni e Comune di Terni) che detengono la maggioranza assoluta dell’Istituto.
“A tutt’oggi mesi e mesi di vere o presunte consultazioni e trattative dei suddetti Enti hanno portato esclusivamente alla messa in liquidazione dell’Isrim ed alla predisposizione di un bando di gara per l’affitto di un ramo d’azienda. Nonostante esista la concreta possibilità di ricollocare il personale di società partecipate da Enti Pubblici, come esplicitamente menzionato nella legge di Stabilità 2014 (comma 563 e successivi), verificatane con esperti tecnici l’applicabilità al caso specifico Isrim – proseguono i dipendenti – permane il totale disinteresse dei Soci pubblici ad individuare autonomamente una soluzione per l’istituto, scaricando il destino dei 31 lavoratori alla iniziativa privata di volenterosi imprenditori che, in un’ovvia logica di mercato, si faranno carico del solo personale strettamente funzionale alle loro attività azzerando verosimilmente le attività di ricerca e sviluppo e con esse le competenze e le eccellenze faticosamente conquistate in questi 20 anni di attività”.
“Ci aspetteremmo, pertanto, che in mancanza di soluzioni occupazionali per l’intero organico Isrim, il Socio Pubblico si faccia almeno carico di ricollocare il personale non incluso nella eventuale iniziativa privata. Ancor più indecifrabile è la posizione della Regione (socio di maggioranza relativa dell’istituto attraverso Sviluppumbria) che ha espresso all’unanimità (Deliberazione n. 302 del 18 dicembre 2013) l’intenzione di individuare ‘una soluzione che assicuri il mantenimento dell’intera forza lavoro e la prosecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e di servizio alle imprese dell’Istituto’, che si è sbilanciata in promesse su cui tacciamo per amor di patria ma che in concreto ancora non è riuscita, attraverso la pletora di funzionari e dirigenti di cui dispone, ad elaborare un benché minimo progetto o proposta per il riutilizzo delle strutture (costate alla comunità circa 15 milioni di euro) e ad agire ‘parallelamente per la salvaguardia delle professionalità'”.
Le accuse si fanno più precise: “Sviluppumbria, agenzia per lo sviluppo territoriale e ‘madre’ di ISRIM, attraverso la sua ‘nuova’ bi-dirigenza non ha trovato niente di meglio da fare che, in perfetta coerenza con la sua mission (!) votare per la messa in liquidazione dell’Istituto di ricerca per poi…tacere. Non che ci illudevamo certo sulla reale efficienza di tale Agenzia (le cui funzioni, concrete, non vanno oltre la gestione di bandi per la cosiddetta ‘animazione economica’) ma ci premeva sottolinearne ancora una volta le responsabilità, evidenziando un altro esempio (se ce ne fosse ancora bisogno) della totale incapacità della macchina pubblica quando chiamata a risolvere i problemi reali della comunità”.
“Dato il manifesto ‘disinteresse’ dei soggetti pubblici ora il nostro destino – proseguono i 31 lavoratori – è nelle mani di ipotetici volenterosi imprenditori che, in un’ovvia logica di mercato, potranno farsi carico del personale strettamente funzionale alle loro attività, verosimilmente. Nel frattempo alcuni dipendenti continuano stoicamente a lavorare ma in una situazione di assoluto disagio, in laboratori a 4°C ed in condizioni igienico-sanitarie da terzo mondo”.
“L’intera vicenda è diventata il coacervo di lentezze, inefficienze ed incompetenze con cui in molti identificano il termine ‘politica’, eppure noi, visto che non possiamo fare altro, continuiamo a sperare in una presa di responsabilità, in uno scatto d’orgoglio che ricordi a lor signori che non sono stati chiamati a fare i contabili, ma a trovare soluzioni nell’interesse dei cittadini, ossia, chiediamo semplicemente ai nostri rappresentanti, di tornare a fare Politica”.