Ieri la Giunta comunale di Terni ha annunciato un provvedimento per vietare le coltivazioni a Prisciano, a ridosso dell’Ast. Oggi il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Andrea Liberati, riferendosi a Thyssenkrupp, reputa “sconcertante che, dopo aver tardivamente vietato coltivazioni e allevamenti, non si proferisca verbo sul soggetto inquinatore né tantomeno lo si sanzioni adeguatamente”.
Il comunicato di Andrea Liberati:
“Quanti articoli controvento abbiamo scritto, quanto fango abbiamo subito, quante parole sincere, sentite, struggenti, abbiamo speso per i lavoratori, per i licenziati, i giovani emigrati, per le persone che si sono ammalate -e si ammaleranno ancora- a causa dell’assurdo taboo che connota Terni, una sorta di congiura del silenzio sorta e cresciuta attorno alla Fabbrica, alfa e omega della città e del nostro destino?
Ebbene: oggi è venuto il momento di restituire diritto e giustizia a Terni, Grande Malata, città senza bussola, comunità offesa e dimenticata, dopo i decenni della vulgata dell’eccellenza dietro cui si sono non di rado annidate ben altre storie e interessi, nel silenzio omertoso di non pochi protagonisti di allora e di oggi.
In trepidante attesa che certi episodi vengano finalmente a galla, occorre definitivamente allontanare l’idea secondo cui qualsiasi rilevante organizzazione possa farsi Stato nello Stato. Occorre evitare che, in questa ottica, si svendano illimitatamente ambiente e salute altrui, a partire da quella di lavoratori e residenti, come certificato da studi ministeriali.
Trovo pertanto sconcertante che, dopo aver tardivamente vietato coltivazioni e allevamenti in un brano della città –il problema non è certo confinato a Prisciano- non si proferisca poi verbo sul soggetto inquinatore, né tantomeno lo si sanzioni adeguatamente. Signori, agireste con lo stesso ipocrita riguardo contro irregolarità eventualmente compiute da una bottega artigiana o da un piccolo commerciante?
E’ masochistico che, ancora nel 2016, difendere il profitto di una multinazionale straniera, per alcuni significhi travolgere non solo le regole del consorzio civile, ma la stessa salute nostra. Equivale a tradire la vita.
A questo punto è bene che ognuno prenda coscienza che tali ‘danni collaterali’ (ammorbamento dell’aria, dell’acqua, dei suoli; contaminazione dei prodotti alimentari; malattie) non soltanto non sono più tollerati; non soltanto comportano l’obbligata apertura di indagini penali, ma hanno anche un costo socio-economico assai pesante, che va riconosciuto e liquidato integralmente.
Vogliamo aiutare le Acciaierie? Facciamola subito finita con le bugie meschine sull’amianto: pur a fronte di testimonianze fotografiche e degli stessi lavoratori e persino dei malati, si tenta tuttora di eludere un problema antico, con l’unico intento di fare l’ennesima cortesia (spesso interessata) ai padroni delle ferriere.
Se si vogliono davvero difendere le produzioni, accrescendo fortemente i posti di lavoro, l’unico modo è quello di riconoscere i problemi, senza scientifici quanto puerili occultamenti. L’unico modo per dare valore e prospettive serie all’acciaio sta dunque nell’ambientalizzare le produzioni, facendole rientrare nel quadro normativo europeo.
I tedeschi tirino fuori –hic et nunc, domani è già tardi- le centinaia di milioni di euro necessari, che sono poi quasi nulla rispetto agli svariati miliardi incassati negli anni d’oro, miliardi investiti regolarmente in casa propria, mentre qui si smantellava, si licenziava, si inquinava.
Basta prenderci in giro. Costoro rispondano senza indugi delle condotte sin qui tenute –e dei giganteschi danni prodotti- direttamente in Tribunale. Nell’estrema debolezza della politica, capace solo di balbettare e genuflettersi al supposto potente straniero, ci sarà pure un giudice. E non solo a Berlino!
Che poi, cari signori, vogliate andarvene, proseguendo nella strategia nell’incertezza, nulla quaestio: assicuriamo che l’esteso e profondo pregiudizio provocato non potrà comunque restare senza conseguenze”.