Il restauro della fontana di piazza Tacito, uno dei simboli più identificativi della città di Terni, è in stallo da quasi due anni. E’ iniziato a luglio 2013 con un’operazione da 600 mila euro che metteva insieme Comune di Terni, Asm, Ast e Fondazione Carit e che sarebbe dovuta durare poco più di un anno. Tutto è invece ancora bloccato. Per questa situazione di stallo, la Fondazione Carit accusa oggi la Soprintendenza e lancia un vero e proprio ultimatum: se i lavori non saranno portati a termine entro 12 mesi, ritirerà i finanziamenti.
Scrive la Fondazione che “dopo l’ennesima riunione, a fronte della perdurante assenza di elementi certi da parte della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici dell’Umbria, a quasi due anni dall’avvio del progetto di restauro della fontana di piazza Tacito, non si può perdere ulteriore tempo. Troppo ne è trascorso inutilmente a causa dei mutati orientamenti della stessa Soprintendenza in ordine al restauro dei mosaici, accompagnati da evidenti indecisioni, lacune programmatiche e organizzative”. La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni “intende porre un termine temporale, dodici mesi, oltre il quale tutti i finanziamenti deliberati per la realizzazione di un progetto ritenuto fondamentale per la città di Terni, verranno ritirati.
La Fondazione Carit aggiunge ancora: “Nelle ultime settimane, con i cambi al vertice della Soprintendenza, si è passati da un orientamento volto al rifacimento dei mosaici, ad uno, diametralmente opposto, indirizzato al restauro in situ dell’opera di Cagli. Situazione che, pur causando ulteriori ritardi e disagi, è stata comunque accettata. Oggi, invece, si continua a perdere tempo in discussioni improduttive, come testimoniato dalla riunione svoltasi giovedì 7 maggio presso la sede della stessa Fondazione. Si dice cosa non si deve fare, ma non cosa si dovrebbe fare. Il tutto nonostante le richieste, già avanzate da tempo, di dare seguito con celerità ad un progetto chiaro e condiviso per il recupero del bene. Non sembra però essere questa la priorità della Soprintendenza e il rischio è che a pagarne le conseguenze siano, ancora una volta, i cittadini che vorrebbero solo poter riabbracciare il proprio simbolo, attraverso un intervento di qualità e durevole nel tempo”.