Alle 21,30 è arrivata l’ufficialità della notizia che era nell’aria da diversi giorni: il decreto del Governo Monti che tagliava 35 province non sarà convertito in legge dal Parlamento. La Provincia di Terni (e le altre 34) è salva e continuerà ad esistere: nessun accorpamento con Perugia. Il decreto è stato bocciato all’unanimità dai partecipanti ai lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato, conclusasi pochi minuti fa, alla presenza tra gli altri dei ministri Filippo Patroni Griffi e Piero Giarda.
Nella giornata di domani verrà in ogni caso convocata una riunione dei capigruppo presso il Senato per esaminare le possibili vie di uscita, ma secondo i senatori che questa sera hanno preso parte alla riunione in Commissione Affari Costituzionali, sono poche le possibilità di poter convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti pari in tutto a 140.
La delusione del ministro per la Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi la dice lunga sulle pressoché nulle possibilità che il decreto venga ripreso per i capelli: “Il governo ha fatto ciò che doveva fare, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione. Il governo ha fatto insieme al Parlamento un buon lavoro fino alla spending review ma poi si sono imposti alcuni ‘giochi’ in Parlamento”. Eppure Patroni Griffi aveva tentato fino all’ultimo di salvare il salvabile dando il proprio assenso a quasi tutti gli emendamenti presentati dai senatori (tra cui quello che salvava la Provincia di Terni).
Uno dei relatori in Senato del decreto, Filippo Saltamartini del Pdl, ha dichiarato: “In questi mesi ho lavorato per vedere se una materia così complicata poteva essere portata a termine con successo, ma purtroppo così non è stato. A mio giudizio ci sono state troppe complicità e tanti interessi provenienti dai territori”, aggiunge il senatore, secondo il quale “le Province vanno abolite tutte, operando sull’articolo 114 della Costituzione, assegnando le funzioni a Regioni e Comuni”.
“Probabilmente è il destino di questi mesi, ma anche questa sera abbiamo perso un’altra occasione importante”: così il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Carlo Vizzini (Udc), commenta il nulla di fatto sul riordino delle Province. “Senza polemiche credo che in questi mesi si sia fatto uno sforzo per trovare al meglio le condizioni per approvare il provvedimento. La tristezza è maggiore se penso all’occasione persa oggi e al fatto che domani il Paese si prepara ad incontrare l’amico Porcellum”.
Per Francesco Pardi dell’Idv “sul nulla di fatto ha pesato il grande numero di emendamenti che ha bloccato l’iter di conversione. A questo punto serve una norma per tutelare la vita delle Province, mettendola a sistema”.
A questo punto Terni dovrebbe mantenere anche prefettura, questura e comandi provinciali di vigili del fuoco, carabinieri e guardia di finanza. Il provvedimento approntato dal ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, dovrebbe andare proprio domani all’esame del Consiglio dei ministri (ma a questo punto è assai probabile che venga rimesso nel cassetto senza ulteriori passaggi). Il taglio netto degli uffici statali avrebbe riguardato 18 delle 35 province che dovevano sparire: qui il presidio di sicurezza si sarebbe dovuto limitare ad un commissariato. Nelle altre 17 (quelle considerate più a rischio, tra le quali con ottime probabilità non sarebbe rientrata Terni) sarebbero dovute rimanere le figure del prefetto e del questore nell’ambito di un ‘Ufficio presidiario di pubblica sicurezza’. Con tale provvedimento il Viminale calcolava una riduzione di almeno il 20% della spesa attualmente sostenuta.
Cancellieri aveva assicurato: “Non verranno toccati i livelli di sicurezza” ma i sindacati di polizia erano molto preoccupati e nei giorni scorsi hanno comprato una pagina a pagamento per denunciare “i pericoli per la sicurezza che si determineranno per la gente a seguito dei tagli alle questure e agli corpi dello Stato che il ministro Cancellieri intende portare in Consiglio dei ministri”. Da parte loro, i sindacati prefettizi Sinpref e Snadip avevano minacciato una diffida per comportamento antisindacale nei confronti del premier Mario Monti invitando a sospendere l’esame del provvedimento e riaprire la procedura di informazione e consultazione nei confronti delle organizzazioni sindacali.
Salva l’esistenza degli enti e degli uffici statali, le Province italiane, compresa quella di Terni, saranno comunque profondamente riorganizzate così come previsto dal decreto Salva Italia. Molte funzioni saranno trasferite ai comuni o alle regioni. Sarà inoltre tagliato di netto il numero degli amministratori e modificato il sistema di elezione: abolizione delle giunte provinciali, elezione indiretta di non più di 10 consiglieri provinciali, tra i quali viene nominato il presidente (in sostanza i cittadini non si recheranno più alle urne per eleggere gli amministratori provinciali che avranno decurtato anche il loro compenso).
Per il taglio delle funzioni e degli amministratori provinciali è stato però presentato ricorso alla Corte costituzionale: insomma è a rischio anche questo più razionale ridimensionamento delle poltrone e questa semplificazione istituzionale.