Comune Polino dedica piazza a Palatucci: in realtà era collaboratore nazista, mandò ebrei ad Auschwitz

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giovanni-palatucciSabato scorso il Comune di Polino ha dedicato una piazza a Giovanni Palatucci, ritenendolo un esempio da seguire e un eroe che, nel corso della seconda Guerra mondiale, sacrificò la propria vita per salvare quella di migliaia di ebrei (qui l’articolo). In effetti, fino a qualche settimana fa, Palatucci era considerato lo “Schindler italiano”, riconosciuto salvatore di 5000 ebrei di Fiume, riconosciuto un Giusto da Israele e dichiarato martire da Papa Giovanni Paolo II. Peccato che recentemente sia emersa tutt’altra verità storica: Palatucci era un collaboratore nazista, mandò centinaia di ebrei ad Auschwitz e fu egli stesso deportato a Dachau (dove morì) solo perché accusato di appropriazione indebita. Palatucci deve la sua fama di benefattore non a gesta eroiche ma solo ai racconti dello zio vescovo, Giuseppe Maria Palatucci, che nel 1952 raccontò false storie sul suo conto solo per garantire una pensione ai parenti dell’uomo.

Ieri il New York Times ha reso noto che, già la scorsa settimana, il Museo dell’Olocausto di Washington ha deciso di rimuovere il suo nome da una mostra, mentre lo Yad Vashem di Gerusalemme e il Vaticano hanno iniziato a esaminare i documenti (qui articolo New York Times).

La verità sullo “Schindler italiano” è emersa dopo che i ricercatori del Centro Primo Levi hanno avuto accesso a documenti italiani e tedeschi, nell’ambito di una ricerca sul ruolo di Fiume come terreno fertile per il fascismo, città dove Palatucci lavorò come funzionario di polizia dal 1940 al 1944. Stando alla versione accreditata fino a qualche settimana fa, quando i nazisti occuparono la città, nel 1943, Palatucci distrusse i documenti per scongiurare che i tedeschi spedissero gli ebrei di Fiume nei campi di concentramento. La sua stessa morte nel campo di Dachau, a 35 anni, avvalorò poi la tesi. Natalia Indrimi, direttore del Centro Primo Levi, ha invece dichiarato che gli storici sono stati in grado di consultare questi stessi documenti, da cui è emerso che nel 1943 Fiume contava solo 500 ebrei, la maggior parte dei quali, 412, pari all’80%, finì proprio ad Auschwitz. La ricerca ha poi fatto emergere che piuttosto che ricoprire la carica di capo di polizia, Palatucci era vice commissario aggiunto responsabile dell’applicazione delle leggi razziali fasciste ed era considerato un “funzionario modello”, fidatissimo fino a quando non fu accusato di appropriazione indebita e di tradimento per aver passato ai nemici inglesi alcune informazioni sulla Repubblica di Salò, con l’obbiettivo di trattare l’indipendenza di Fiume.

Nella lettera inviata questo mese al Museo di Washington, Indrini ha scritto che l’uomo era “un pieno esecutore delle leggi razziali e, dopo aver prestato giuramento alla Repubblica sociale di Mussolini, collaborò con i nazisti. Giovanni Palatucci non rappresenta altro che l’omertà, l’arroganza e la condiscendenza di molti giovani funzionari italiani che seguirono con entusiasmo Mussolini nei suoi ultimi disastrosi passi”.

Così Polino si ritrova, suo malgrado, con una piazza intitolata ad un collaboratore nazista, responsabile della deportazione di centinaia di ebrei; altro che “esempio di estremo altruismo”, come era stato descritto dal sindaco in occasione dell’inaugurazione. Eppure i primi pesanti dubbi sulla storia di Palatucci erano emersi già lo scorso 26 maggio, quando il Corriere della Sera gli aveva dedicato un lungo articolo, corredato da foto, documenti e pareri di storici. All’amministrazione comunale di Polino deve proprio essere sfuggito.

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