Domani, al vertice convocato al ministero dello Sviluppo economico, istituzioni e sindacati torneranno a ribadire l’importanza di Ast per Terni, per l’Umbria e per l’Italia, a sostenere che viale Brin è un’eccellenza nella produzione dell’acciaio e chiederanno investimenti al posto degli annunciati tagli. Dall’altra parte troveranno però dirigenti determinati a portare avanti il piano lacrime e sangue, pronti a giustificare licenziamenti e sforbiciate ricorrendo alla freddezza dei numeri. E i numeri, almeno quelli economici, dicono che l’acciaieria di Terni è in grave crisi.
Nel 2012 Ast aveva messo a bilancio una perdita di 36,6 milioni di euro. Niente a confronto dell’annus horribilis 2013 in cui si è registrata una perdita netta di 179,3 milioni di euro. E questo, è scritto nella nota integrativo del bilancio riportata da Siderweb, “nonostante il programma di riduzione dei costi attuato dalla società abbia dato risultati superiori a quelli inizialmente preventivati in considerazione delle difficili condizioni di mercato e dalla ulteriore riduzione dei prezzi delle materie prime, che ha determinato la necessità di svalutare il magazzino, Acciai Speciali Terni Spa ha generato ulteriori perdite”.
Nella nota si ricorda che la perdita ha comportato un assottigliamento del patrimonio netto “rendendo necessario l’intervento del socio unico ai sensi di legge per la ricapitalizzazione della società”. Il socio unico era Outokumpu che era intervenuto con una ricapitalizzazione di 100 milioni di euro “mediante rinuncia ad ottenere il pagamento di crediti vantati nei confronti della società”.
Infine sono negativi anche gli indici: vanno giù quelli di redditività e solidità. In particolare indici come Mol e Ebit, già negativi nel 2012, sono crollati nel 2013. Disastroso anche l’andamento di ROE e ROI mentre aumenta il rapporto tra indebitamento e patrimonio netto.