Oltre due anni di annunci, rinvii, dichiarazioni sorprendenti, manifestazioni di piazza (con tanto di sindaco ferito alla testa) per poi, alla fine, tornare al punto di partenza. Le acciaierie di Terni erano di proprietà Thyssenkrupp e dopo la parentesi Outokumpu sono tornate ad esserlo. Salvo nuovi, clamorosi, colpi di scena che potrebbero arrivare soltanto dalla Commissione Ue (ma è davvero difficile, quasi impossibile ipotizzare che l’Antitrust possa bocciare l’acquisto). La domanda che ora tutti si pongono è: cosa c’è dietro questa operazione?
La cronostoria. Tutto era iniziato il primo ottobre 2011 quando tutto il settore inox della ThyssenKrupp, tra cui gli stabilimenti di Terni, per far fronte al forte debito accumulato, era stato scorporato dal resto del gruppo e passato sotto il controllo di Inoxum, una società distinta e pronta alla vendita. Dopo le prime voci e indiscrezioni sui possibili acquirenti, il 31 gennaio 2012 era stato annunciato ufficialmente l’accordo di massima per l’acquisto del 70% delle azioni del pacchetto Inoxum da parte della multinazionale finlandese Outokumpu (il restante 30% sarebbe restato a Tk), per un’operazione da 2,7 miliardi di euro.
La multinazionale finlandese era stata ben accolta da sindacalisti e istituzioni locali ma poco dopo le presentazioni ufficiali era arrivata la doccia fredda: l’Antitrust della Commissione europea aveva sorprendentemente stoppato il piano bocciando l’operazione, ritenendo che Outokumpu avrebbe acquisito una posizione dominante sul mercato europeo dell’inox. Una decisione fortemente criticata da più parti ma inappellabile. Il gruppo era quindi stato costretto ad apportare un correttivo al piano e, con l’ok dell’Europa, aveva deciso la vendita degli stabilimenti di Terni.
La procedura di cessione, sotto l’egida della Commissione europea ma senza alcun punto fermo ne certezze su date e prospettive industriali, aveva preso il via a fine 2012. A febbraio di quest’anno la lussemburghese Aperam, spin off del colosso indoeropeo ArcelorMittal, e gli italiani Arvedi e Marcegaglia avevano ufficialmente dichiarato di aver creato una joint venture con l’obiettivo di acquisire le acciaierie. A quel punto in molti avevano espresso gradimento per quella cordata che era data in pole position rispetto agli altri soggetti potenzialmente interessati (in particolare un colosso siderurgico cinese e due fondi di investimento privati). Ad aprile erano giunte due sole offerte, quella di Aperam e quella di un fondo speculativo: entrambe erano però state giudicate troppo basse (intorno ai 100 milioni di euro al posto dei circa 500 richiesti) e a maggio erano state ufficialmente rifiutate da Outokumpu. La Commissione Ue aveva concesso ulteriore tempo per portare avanti le trattative (scadenza fissata entro la fine del 2013) che sono proseguite fino all’epilogo di questa notte, con il ritorno davvero inaspettato di Thyssenkrupp a Terni.
Cosa c’è dietro? In Germania oggi si parla senza mezzi termini di “fiasco”, di “battuta d’arresto” e di “crisi tutt’altro che finita” per Thyssenkrupp. L’operazione di riacquisto delle acciaierie di Terni e di vendita del 29,9% di Outokumpu da parte del gruppo tedesco è giudicata un totale fallimento. Operazione al tempo stesso considerata però necessaria per “salvare Outokumpu” e non avere perdite ben maggiori. Per gli analisti tedeschi il problema è però soltanto rimandato, il giudizio del quotidiano Welt è perentorio: “Hiesinger (manager di Tk) ha solo comprato tempo, niente di più”.
Ma Thyssenkrupp in queste ore ha messo a segno un’altra importantissima operazione: ha ceduto le proprie acciaierie in Alabama. Parte della stampa tedesca riconosce a Tk di aver almeno centrato questo successo: stabilimenti che erano in vendita da un anno e mezzo e sono stati ceduti ad ArcelorMittal e Nippon Steel per 1,55 miliardi dollari. Welt sottolinea però che anche in questo caso “non c’è motivo di esultare” visto che quelli statunitensi erano “gli impianti più avanzati al mondo” mentre del “vero problema, le industrie in Brasile”, considerate una fonte di perdite multimiliardarie, Tk non è riuscita a liberarsene. Per le acciaierie brasiliane ha però almeno ottenuto un contratto di fornitura di due milioni di tonnellate di acciaio (40% della capacità produttiva degli impianti sudamericani) fino al 2019 proprio dagli acquirenti delle industrie in Alabama. Anche in questo caso c’è il risvolto negativo: qualcuno ricorda infatti che due anni fa i milioni di tonnellate della stessa fornitura erano 2,6.
Thyssenkrupp è oggi considerata “la grande malata”: i risultati per l’anno fiscale 2012/2013 parlano di perdite pari a 1,5 miliardi di euro (e l’anno precedente era andata decisamente peggio con la mostruosa perdita di 5 miliardi di euro). Un aumento di capitale del 10% è considerato inevitabile.
In sostanza, Thyssenkrupp è nei guai e non aveva alcuna intenzione di tornare a produrre a viale Brin. L’operazione sembra soltanto una scelta obbligata da parte del gruppo tedesco: salvare Outokumpu al prezzo di 1,2 miliardi di euro per non subire perdite maggiori. Quali saranno le conseguenze di tutto questo per Terni sarà possibile capirlo nelle prossime settimane.
Pingback: Prc: ”Ast torni pubblica”, Ugl: ”Urgente incontro con Governo ma ritorno Tk può essere positivo” Terni Oggi()