Le profonde spaccature della maggioranza consiliare stanno fragorosamente emergendo in questi giorni e il caso Tallarico sembra essere la classica scintilla incendiaria. Al centro della bufera si è ritrovato, suo malgrado, il consigliere Giocondo Talamonti che lunedì scorso è stato eletto vice presidente del Consiglio ottenendo un voto in più rispetto a David Tallarico che era il designato del sindaco Di Girolamo (qui l’articolo sul caso Tallarico). Una vicenda che ha portato il primo cittadino a ventilare le proprie dimissioni. Ieri in una conferenza stampa Talamonti si è chiamato fuori annunciando la rinuncia al ruolo di vice presidente: “Ho fatto pervenire al sindaco e al presidente del Consiglio comunale il mio rifiuto all’accettazione della elezione a vice presidente”.
Un gesto per tentare di mettere fine ad una vicenda che Talamonti giudica “un pretesto per eludere le vere responsabilità e per evitare di eliminare una volta per tutte le vere cause che sono alla base di una situazione divenuta insostenibile per la città”. Per il consigliere le vere cause della crisi politica sono infatti da ricercare “nelle difficoltà interne del Partito democratico”.
Il passo indietro di Talamonti potrebbero comunque rivelarsi vano visto che il giorno precedente Tallarico si era già detto ormai indisponibile ad assumere la carica di vice presidente. Soprattutto, rimane ovviamente irrisolta la questione principale: Di Girolamo non può contare su una solida maggioranza e la vicenda della votazione del vice presidente sta lì a dimostrarlo. Infatti solo 11 consiglieri hanno seguito la sua indicazione di votare Tallarico mentre altri 12 hanno ignorato la sua volontà: i dissidenti potrebbero ripetersi a breve in votazioni ben più importanti. E’ questo che paventano alcuni esponenti della maggioranza che vorrebbero andare subito ad elezioni. Il sindaco, dopo aver minacciato le dimissioni, avrebbe fatto sapere di voler “riflettere”.
Di certo chi vede di buon occhio le elezioni anticipate ad aprile sa che questa eventualità porterebbe con se anche un vantaggio per il centrosinistra: quello di lasciare ad altre formazioni politiche poco tempo per riorganizzarsi ed affrontare al meglio la campagna elettorale. A livello nazionale i sondaggi parlano di un Pdl ridotto al lumicino; un partito sempre più vicino all’implosione o quantomeno ad una scissione: di riflesso anche a livello locale, il partito berlusconiano attraversa un periodo di profonda debolezza ed oggi, in una competizione elettorale, potrebbe aspirare ad obiettivi poco più che decoubertiniani.
L’osservato speciale è però il Movimento 5 Stelle che i sondaggi nazionali accreditano al 20% (e in continua crescita) e che ha già ottenuto straordinarie vittorie elettorali amministrative. In Parlamento le forze politiche sono esplicitamente al lavoro per dar vita ad un legge elettorale che in qualche modo metta un freno al movimento di Grillo. A Terni il M5S non ha ancora assunto un ruolo da protagonista e anticipare le elezioni potrebbe sottrarre tempo prezioso per la sua organizzazione.
D’altro canto è anche evidente che, di fronte ad una città assediata da gravi problemi (sede Asl, vertenza Ast, inquinamento dell’aria, polo chimico, università, Provincia soppressa, crisi occupazionale), le dimissioni del sindaco volte a difendere una poltrona del Consiglio comunale o basate su meri calcoli politici, per molti elettori ternani sarebbero assurde e surreali.