Il sindaco difende la scelta di multare in massa i ternani. E difende due maledette macchinette elettroniche che stanno costringendo migliaia di persone a trasformarsi in novelli azzeccagarbugli. Nella speranza di trovare una scappatoia – un profilo di illegittimità degli autovelox – sono infatti obbligati a leggersi articoli e sentenze ad ascoltare consigli legali, a rivolgersi ad associazioni di tutela dei consumatori alla ricerca di cavilli giuridici. Tutto per evitare di pagare sanzioni ingiuste e insostenibili per le proprie tasche già svuotate dalle conseguenze della crisi economica.
Nel corso dell’apologia degli autovelox Di Girolamo riconosce che la segnaletica è da migliorare. Il primo cittadino dovrebbe allora cercare una soluzione (disporre una sanatoria) per chi ha preso decine di multe tramite autovelox da lui stesso considerati poco visibili. Ma non ha alcuna intenzione di farlo.
Un’irremovibilità che denota una grave miopia politica e che, nelle ultime dichiarazioni, sfocia nell’implicita offesa a migliaia di cittadini: gli automobilisti multati a 56 chilometri orari non possono accettare di essere bollati come pericoli stradali. Soprattutto non possono tollerare di essere messi in relazione ai tremendi incidenti avvenuti nel recente passato in cui si sono spente giovani vite. Un accostamento offensivo e nauseante, prima ancora che fuori luogo ed irragionevole. Non è sanzionando chi percorre a circa 60 chilometri orari (il 90% delle multe) viale dello Stadio e via Alfonsine che si può sperare di prevenire altre terribili sciagure. Il sindaco dovrebbe sapere che i veri idioti che amano percorrere le strade cittadine ad alta velocità, inchioderanno all’altezza dell’occhio elettronico per poi ripartire a tutto gas; e magari sfracellarsi contro qualcuno o investire un pedone trecento metri dopo l’autovelox.
Tra l’altro gli incidenti mortali che il sindaco cita nella sua apologia sono avvenuti in piena notte. Se davvero l’obiettivo fosse quello di evitare il ripetersi di simili tragedie, sarebbe stato logico attivare gli autovelox nelle ore notturne (e non in quelle di punta in cui la possibilità di andare a folle velocità è ostacolata dal traffico) ed in prossimità del luogo in cui gli incidenti sono avvenuti, non a centinaia di metri di distanza e in altre corsie.
Ben più utili alla sicurezza sarebbero stati gli speedcheck come quelli di viale Trento. Scatoloni arancioni altamente visibili, dislocati su l’intera strada, che costringono l’automobilista a moderare la velocità per l’intero tratto stradale. In questo caso si sarebbe potuto parlare di prevenzione e non di imboscata nei confronti degli automobilisti. Certo, gli speedcheck sono meno utili a fare cassa: in 4 mesi non apportano oltre 2 milioni di euro come i due famigerati autovelox.
A proposito di cassa, il sindaco dovrebbe almeno presentare un dettagliato elenco degli interventi effettuati a favore della sicurezza stradale. Il Codice della strada, a cui il primo cittadino fa appello per motivare l’installazione degli autovelox, prescrive che almeno il 50% dei soldi incassati dalle multe siano investiti in segnaletica, potenziamento delle attività di controllo, manutenzione stradale, piste ciclabili. Sarebbe il caso di non tirar fuori dal cilindro il Codice della strada per giustificare interventi punitivi nei confronti dei cittadini e poi riporre frettolosamente nel cilindro lo stesso Codice non appena si scorgono sgraditi doveri a carico degli amministratori comunali.
Il sindaco non potrà ignorare ancora a lungo il malessere e i profondi disagi economici provocati dagli autovelox; prima o poi si troverà a fare i conti con l’odiosa percezione, sempre più diffusa tra i cittadini, di un’amministrazione comunale che si preoccupa solo di aggredire il portafogli dei cittadini per mantenere in vita un bilancio ricco di sprechi, a cominciare dalle spese per le auto blu e dalle perdite economiche delle farmacie comunali.