L’Isrim è ad un bivio determinante: tra pochi giorni l’assemblea dei soci valuterà se ci sia l’interesse di aziende a rilevare le quote pubbliche e procedere così ad una privatizzazione, altrimenti lo metterà in liquidazione (35 persone perderebbero così il posto di lavoro). Oggi però, per l’istituto di ricerca di Terni con sede a Pentima, il Movimento 5 Stelle prova a tracciare un’altra strada, un piano in cui sia protagonista la Fondazione Carit che dovrebbe rilevare quote sia pubbliche che private e diventare azionista unico.
Il disegno di salvataggio dell’Isrim tracciato dal M5S, passa poi nell’individuazione di “una figura esterna manageriale adeguata” che possa intraprendere “una strategia aggressiva” di ricerca e laboratorio nei settori dell’ambiente, il risanamento, della bonifica e del recupero dei materiali. Un Istituto di ricerca di questo tipo, secondo il Movimento 5 Stelle, potrebbe mettere in moto un meccanismo virtuoso, offrire servizi alle aziende, ricerche e brevetti a start up locali.
Il comunicato del Movimento 5 Stelle di Terni:
“Far morire la ricerca pubblica vuol dire togliere ogni speranza di rinascita a questa città, tagliando le gambe a quelle prospettive di sviluppo che vanno a beneficio dell’intera collettività, e non necessariamente legate alla logica del profitto, togliendo di scena un attore fondamentale nel sostegno a quello che resta dell’Università e del tessuto industriale del nostro territorio.
L’Isrim ad oggi è una chiara metafora del fallimento totale della politica (per come è interpretata dai partiti) nella gestione della cosa pubblica.
L’Istituto è stato creato 30 anni fa dalla politica e, dalla stessa abbandonato quando sono venuti a mancare i contributi pubblici che dagli anni ‘90 sono caduti a pioggia ed hanno consentito a chiunque di banchettare. Quindi è la politica, che dopo aver assunto le persone ed investito pubblici denari (30 miliardi di vecchie lire), ha abbandonato l’Istituto a se stesso già da oltre dieci anni. Malgrado ciò, l’ISRIM è cresciuto in competenze e attività, attirando finanziamenti europei, aziende innovative locali e nazionali, Università ed Enti di Ricerca in Italia e all’estero, ma la crisi economica e politica che ormai affligge l’Italia ha messo in ginocchio l’Istituto, anche a seguito degli ultimi due anni di gestione pubblica (Sviluppumbria insieme a Comune e Provincia di Terni).
Ora, la stessa politica vuole disfarsi definitivamente di ciò che rimane del progetto, dilapidando un capitale di risorse umane di inestimabile valore, “risorse umane”, che ogni tanto è bene ricordarlo sono persone, famiglie con bambini e mutui da pagare.
Se la cordata di imprenditori che sta valutando un offerta d’acquisto da formalizzare entro il 7 Ottobre si tirerà indietro, l’ennesimo disastro della politica sarà perpetrato, malgrado ciò, anche nella migliore delle ipotesi, perderemo la ricerca pubblica e la capacità di innovare il nostro territorio.
Per il M5S, l’Istituto non va salvato sic et simpliciter, ma nell’ottica di un percorso cittadino verso la ricerca e l’innovazione a favore dello sviluppo del tessuto industriale locale, facendo da volano a nuove realtà sia industriali che tecnologiche. In tutto ciò bisogna guardare avanti, da qui a dieci o vent’anni.
Occorre pertanto sottrarre sia alla politica, che ai privati interessati solo allo sfruttamento del ramo “analisi”, l’Istituto, e nel contempo rilanciarne l’attività, inclusi la Formazione e i Sevizi Avanzati alle imprese.
Come? Attraverso una road map che richiede l’impegno dell’unica realtà cittadina di natura privatistica, dotata di fondi adeguati e con uno scopo istituzionale di lungo termine: la Fondazione Carit, che dovrebbe rilevare le quote societarie in mano sia al pubblico che al privato, diventando azionista unico.
E’ necessario rinnovare il contratto di comodato dei locali con la Regione (o pensare ad una diversa allocazione dell’Istituto in aree già attrezzate ed attualmente inutilizzate – i.e. ex BIC), rinnovando il parco attrezzature e laboratori.
E’ indispensabile in questo contesto una figura esterna manageriale adeguata, cosa che in questi anni è mancata totalmente, che possa rilanciare con una strategia aggressiva il ramo “laboratorio” allo scopo di riportarlo in utile con un cash flow positivo da destinare al parziale finanziamento del ramo “ricerca”.
Rilanciare il ramo “ricerca” con l’indizione di bandi internazionali il cui ambito potrebbe essere quello, in parte, già seguito: l’ambiente, il risanamento, la bonifica e il recupero dei materiali, che andrebbe valutato periodicamente sulla base delle pubblicazioni scientifiche e dei brevetti registrati, che verrebbero sfruttati dal ramo “laboratorio” (così da creare, nel tempo, un circolo virtuoso) e concessi in licenza solo ad apposite start-up locali.
A fronte di ciò, il M5S intende promuovere un’azione atta a concretizzare una proposta per salvare il patrimonio dell’Istituto, un patrimonio che è di tutti i cittadini, vittime per l’ennesima volta del malgoverno e delle beffe dalla politica locale”.