La V7 Stone è la versione base della rinnovata gamma di stradali Moto Guzzi. Ha la sella bassa e una posizione di guida comoda per tutte le stature. Il motore rispetto al vecchio modello “frulla” meglio, ma il cambio è un po’ lento. Prezzo interessante e finiture nel complesso buone, anche se qualche particolare è migliorabile.
A distanza di quattro anni dal lancio della prima Classic, la famiglia V7 è stata completamente rinnovata. Sono tre le versioni ora a listino, già disponibili nei prossimi giorni dai concessionari: la V7 Stone del test, la V7 Special con ruote a raggi e dotazione più “ricca”, e infine la “sportiva” V7 Racer. In comune le tre versioni hanno il telaio e il nuovo motore bicilindrico a V da 750 cm³ , profondamente rinnovato nei gruppi termici rispetto alla versione montata finora dalle V7. La casa dichiara prestazioni migliori (la potenza sale a oltre 50 CV a 6200 giri contro i 48,8 CV della “vecchia”, e la coppia sale a 54,7 Nm a 3.600 giri/minuto), minori consumi ed emissioni più basse. Cambia il serbatoio che ora è in metallo, non più in plastica, e ha una capacità di 22 litri; cambia anche la sella, meglio sagomata e più bassa per facilitare la vita a chi non è un gigante. I prezzi sono in linea con quelli della gamma Triumph Bonneville, che in Guzzi considerano la diretta concorrente di questo modello: la V7 Stone costa 7.890 euro, la V7 Special 8.390 mentre la V7 Racer 9.350 euro. La versione più nuova e interessante è sicuramente la Stone: ha un prezzo concorrenziale e va bene, come abbiamo verificato nel nostro “primo contatto”.
La ciclistica della V7 non è cambiata: il telaio è sempre lo stesso doppia culla in acciaio e la trasmissione si conferma a cardano. Sono state riviste le sospensioni e l’ergonomia generale. Cambiano i cerchi, ora più leggeri (si risparmiano 1,4 kg davanti e 0,8 kg dietro) per migliorare la maneggevolezza. In sella alla V7 Stone si sta bene, è comoda: rispetto al vecchio modello ora si appoggiano i piedi a terra più facilmente e nel complesso la posizione di guida è poco affaticante. Curate le finiture: il nero opaco di serbatoio e parafanghi è elegante, i cerchi sono ben realizzati, si è prestata attenzione persino a particolari secondari come i marchi in rilievo sui lati del serbatoio. Peccato invece per la presenza di blocchetti al manubrio troppo semplici e di alcuni particolari in plastica.
La cura ricostituente ha fatto bene al motore che ha guadagnato un po’ di grinta e soprattutto la brillantezza ai medi regimi che prima mancavano. Il bicilindrico Guzzi frulla bene e sale allegro di giri, senza trasmettere vibrazioni troppo fastidiose, il cambio ha innesti più precisi rispetto a prima ma è ancora un po’ lento, mentre è buona la modulabilità della frizione (leggerissima da azionare). Delude solo la “voce” degli scarichi, ben diversa da quella dei bicilindrici della serie grossa: con gli Arrow offerti come accessorio, oppure un paio di silenziatori aftermarket, questo “difetto” dovrebbe sparire.
Su strada la V7 è agile e facile da guidare, dà subito confidenza e scende in piega senza impegnare il pilota e con precisione. Il peso ridotto e la sella bassa aiutano nelle manovre da fermo e a bassa velocità, in mezzo al traffico ci si muove con disinvoltura. La forcella lavora bene, mentre gli ammortizzatori sono rigidi e hanno un alimitata escursione, sulle strade rovinate il comfort non è granché. Buona la frenata, il disco anteriore è adeguato alle prestazioni e il comando sempre ben dosabile. Peccato che l’ABS non sia disponibile, neanche a richiesta: arriverà in futuro.
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Fonte: in Sella