Ieri il sindaco di Terni aveva commentato l’operazione Acciaio d’oro, plaudendo gli inquirenti. Oggi Andrea Liberati del Movimento 5 Stelle, replica ad alcune considerazioni del primo cittadino rilevando delle contraddizioni con quanto realizzato sul piano politico.
Il comunicato di Andrea Liberati:
“Per Leopoldo Di Girolamo, sindaco di Terni, “l’azienda simbolo di Terni non deve essere certo vista come ricchezza da depredare, occasione di facili guadagni e ruberie”. Aggiungiamo noi: le ‘ruberie’ non sono consentite nemmeno sul piano politico, visto che le clientele degli ultimi decenni, le innumerevoli consulenze, i tanti inutili appalti –forme di saccheggio legalizzato- hanno certamente determinato la fortuna di un partito o di un altro, ma anche cagionato l’impoverimento dell’azienda, contribuendo al crollo morale di questa parte dell’Umbria. Bottini politici siffatti alla lunga hanno cancellato il futuro di intere comunità, non meno di ‘Acciaio d’oro’.
In questo senso l’auspicio è che il capo della Procura locale scavi anche laddove non è comodo scavare, laddove il Movimento Cinque Stelle, numerose associazioni e comitati hanno da tempo chiesto di accendere un faro: occorre che la Giustizia si soffermi sul perverso rapporto tra politica regionale, provinciale e comunale e azienda. E’ la relazione che ha determinato il collasso ambientale della città, con ricadute gravi sulla salute di tutti, così come già attestato dallo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità.
E risuonano come autentica beffa altre riflessioni di Di Girolamo: “Siamo pronti (…) a respingere chi invece vuole depredare, contribuendo così a danneggiare il presente e il futuro delle acciaierie di Terni”. Ebbene: questa maniera di fare politica ha certamente ‘depredato’, dando un pessimo esempio, deprivando di verità la nostra gente. Tanto per restare agli ultimi anni, evitando di riconoscere per lungo tempo la grave situazione economico-finanziaria dell’azienda, parallela a criticità plateali di impianti da mettere urgentemente in sicurezza, a voler tacere della gestione tragicomica della c.d. ‘vertenza’: Di Girolamo, pertanto, cessi di parlare ex cathedra. E, conformemente alle sue parole, valuti se non sia il caso di ‘respingere’ anzitutto se stesso”.