Quale futuro per la città di San Valentino? Se lo chiedono un po’ tutti dopo la decisione del Governo Monti di sopprimere la Provincia di Terni. Sulle varie ipotesi in campo, gli ultimi a dire la loro sono stati il segretario comunale del Pd, Andrea Delli Guanti, il consigliere comunale di Terni Oltre, Leo Venturi e il rappresentante del comitato promotore del referendum di Terni con il Lazio, Andrea Liberati.
Per Delli Guanti è necessario che la città resti capoluogo in Umbria. Di opposte vedute è Liberati che torna a denunciare le ingiustizie subite da Terni e si spinge a chiedere “i soldi indietro” da Perugia. Venturi condivide con Liberati l’analisi di una regione schiacciata su Perugia, che ha penalizzato la conca ternana e prende in seria considerazione l’ipotesi per Terni di cambiare regione.
“Mi verrebbe da dire che siamo alle barzellette se questa non fosse una grave mancanza di rispetto per i ternani. Terni verso Roma significa miliardi di euro di debiti in sanità, altro che riduzione delle Asl. Significa Alemanno, significia Polverini e un destino da periferia di Roma. Occorre più rispetto per Terni e serve alzare le barricate contro questa proposta. Terni può essere solo Provincia di Terni”. Lo ha detto il segreterio comunale del Pd, Andrea Delli Guanti, nel corso di un’intervista al Giornale dell’Umbria che ha anche aggiunto che va fatto di più per far diventare Terni una cerniera con l’area metropolitana di Roma, ma “questo ruolo lo deve svolgere all’interno dell’Umbria”.
Il rappresentante del comitato promotore del referendum di Terni con il Lazio, Andrea Liberati, replica a stretto giro alle parole del segretario del Pd locale: “Far esprimere la gente non è una mancanza di rispetto. E’ piena democrazia, è potere restituito alle stesse persone da cui esso promana, anziché delegato ad libitum a una politica che si è seduta, che non ha avuto slanci, che ha sbagliato, come lo stesso Delli Guanti sa onestamente riconoscere. E’ sbagliato dire – continua Liberati – come sostiene Delli Guanti, che occorre alzare le barricate dinanzi a un povero referendum. E’ un errore. Forse si tratta solo di una voce dal sen fuggita. Ma significa certo mettersi contro gli stessi iscritti e simpatizzanti del partito, che infatti stanno firmando in massa affinché la città si possa esprimere sul suo vero senso di appartenenza, quello del 2012, quello che reciderà il cordone ombelicale artificiosamente generato con il varo delle regioni nel 1970. Sarà un voto su questi 42 anni di subalternità -quando non vero e proprio saccheggio”.
Per Liberati “che la provincia di Perugia iniziasse praticamente a San Carlo, fu solo la prima di una lunga serie di sopraffazioni in danno dei ternani. Torti dei quali è responsabile buona parte della classe dirigente non solo di allora. Inutile e tardivo parlare ora di un impossibile riequilibrio. Flatus vocis. Non daremo a Perugia anche la Cascata delle Marmore, non consegneremo la città a chi ha già ghermito quasi tutto”.
Il rappresentante del comitato promotore rende quindi noto che per richiedere il referendum hanno già firmato mille ternani. “Parafrasando una memorabile contestazione alla Comunità Europea da parte dell’allora Primo Ministro britannico, Margaret Thatcher – afferma ancora Liberati – anche i ternani vogliono i loro soldi indietro. E’ questo e molto altro quel che vogliono i primi mille cittadini che hanno sottoscritto la richiesta di referendum. Nei prossimi giorni calcoleremo le decine e, forse, centinaia di milioni di euro che devono tornare a Terni, dopo 40 anni di squilibrio. E ci aspettiamo che, nonostante la sua posizione ostile al referendum, il redivivo sindaco si unisca a noi almeno in questa battaglia economica e finanziaria. Il Comitato e i ternani intendono fare bene i conti con l’Ente Regione, prima di andarsene, altro che riequilibrio territoriale. Altro che espressioni vuote”.
Per il consigliere comunale di Terni Oltre, Leo Venturi, “l’Umbria ha ragione di esistere se Perugia e Terni hanno pari dignità. Il dramma, in questo momento del si salvi chi può, è che, quotidianamente, la Regione compie scelte che puntano a concentrare sul territorio perugino competenze e centri direzionali a discapito della nostra città. Se Terni deve essere la sesta, settima città dell’Umbria tanto vale guardare nella direzione di una regione di qualche milione di abitanti. Terni è sempre più isolata dal contesto regionale e quindi non è da scartare ipotesi di passare in un’altra regione. I perugini e la classe dirigente regionale devono sapere, fra l’altro, che senza Terni salta l’Umbria”.
“Classe dirigente – continua Venturi – che si è contraddistinta in questi anni per la totale incapacità nel difendere gli interessi della nostra città di fronte ai continui espropri di centri decisionali e di risorse poi concentrate nel territorio perugino. Sulla Sanità, Università, infrastrutture, turismo, cultura, decentramento delle sedi istituzionali e decisionali, sull’equa ripartizione delle risorse finanziarie regionali il nostro territorio ha subito, da anni, forti penalizzazioni a dimostrazione che non basta la presenza della Provincia per garantire la tutela degli interessi generali della nostra collettività. Una situazione insostenibile che alcuni politici, che si ritengono infallibili, minimizzano definendola come il frutto di un superficiale campanilismo”.
Per il rappresentante di Terni Oltre, “coloro che hanno responsabilità di governo, sia nelle istituzioni locali sia in quelle regionali, non percepiscono il clima che si respira stando in contatto con la gente e quanto pesa negativamente sull’economia locale questa situazione. Sia chiaro che i ternani non sono più disponibili a pagare per mantenere e sviluppare strutture e luoghi decisionali tutti concentrati in una parte dell’Umbria, a registrare i puntuali disimpegni della regione su tante questioni, giustificati oggi dalle difficoltà economiche più generali, dopo che per anni le risorse regionali sono state distribuite in maniera difforme sul territorio umbro penalizzando la nostra città, la fatiscenza in cui versa il nostro ospedale ne è un’inconfutabile prova. Ben venga, allora – conclude Venturi – un confronto e una mobilitazione diffusa dei cittadini per dire basta a questo “andazzo” e per guardare anche oltre i confini della nostra ormai troppo piccola Regione”.
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