Nel pieno della crisi economica c’è chi non riesce a trovare un lavoro e chi percepisce soldi pubblici per aver contratto emorroidi lavorando come impiegato in un ente pubblico. La vicenda, su cui c’è ormai una sentenza definitiva, viene dall’ente che le istituzioni umbre stanno cercando di salvare: la Provincia di Terni.
Riferisce Vincenzo Carducci sul Giornale dell’Umbria che dagli anni ’80 23 dipendenti della Provincia percepivano un vitalizio in base al dpr numero 1124 del 1965 che riconosceva un indennizzo per alcune tipologie di malattie scaturite dal lavoro effettuato e nel caso ternano percepito anche per vene varicose, emorroidi, artrosi. Vitalizi da 250 a 1500 euro al mese che costituivano un ricco arrotondamento dello stipendio (e poi della pensione, per coloro che l’hanno maturata).
Nel 2006, in base a nuove disposizioni di legge, la Provincia ha revocato il vitalizio e 16 dei 23 dipendenti hanno fatto ricorso al giudice del Lavoro che nel 2008 ha accolto le richieste dei lavoratori costringendo Palazzo Bazzani al ripristino del vitalizio con versamento degli arretrati a partire dal 2006. La Provincia, ha però fatto ricorso presso la Corte d’Appello di Perugia che a sua volta, nel 2010, ha accolto la richiesta dell’ente ternano a non dover versare più il vitalizio ai sedici dipendenti e obbligando gli stessi a loro volta a versare gli arretrati percepiti indebitatamente dal 2006 nella somma di 413 mila euro circa. I lavoratori non si sono arresi e sono arrivati fino in Cassazione che alla fine di luglio ha ribaltato la sentenza della Corte d’Appello di Perugia, stabilendo definitivamente l’obbligo da parte della Provincia di versare sia i vitalizi futuri che quelli arretrati non percepiti che vanno dal 2010 ad oggi: circa 250 mila euro comprensivi degli interessi. Oltre a ciò, con la sentenza dell’ultimo grado di giudizio, ovviamente palazzo Bazzani non riceverà neanche il rimborso per quanto pagato dal 2006 al 2010.
Soldi che la provincia di Terni ha immediatamente provveduto a versare ai dipendenti ma che risultano essere particolarmente gravosi di questi tempi per le economie di Palazzo Bazzani.