Molti ricorderanno che verso la fine del 2002 ci fu una delle più grandi crisi economiche ai danni di una nazione intera. In quell’anno l’Argentina subì un vero e proprio collasso finanziario seguito da una perdita di fiducia degli investitori e dalla fuga di capitali verso lidi migliori. In quell’occasione molti italiani fecero diretta conoscenza del “mercato globale”.
Nei primissimi anni addietro la tremenda crisi argentina, molti istituti di credito, come investimento, consigliavano ai loro risparmiatori di investire il loro denaro in bond argentini (titoli di stato) garantendo la sicura remunerazione dell’importo investito visto che, a loro dire, l’Argentina era un paese che stava emergendo dal punto di vista economico e finanziario nell’economia globale. Peccato che quelle previsioni si rivelarono completamente sbagliate e molti cittadini che avevano acquistato i bond, da un giorni all’altro persero tutto il capitale investito, che in molti casi corrispondeva ai risparmi di una vita.
Tra i tanti risparmiatori, la crisi argentina aveva colpito anche un pensionato della Valnerina che nel 2001 aveva acquistato titoli obbligazionari di Stato argentini investendo la somma di 50 mila euro, su consiglio del suo istituto di credito che aveva garantito circa la loro sicurezza insieme ad una remunerazione garantita, non avvertendolo invece dei rischi cui poteva andare incontro. Quando il pensionato perse tutto, parti una causa giudiziaria nei confronti della banca, con l’anziano assistito dagli avvocati Arnaldo Sebastiani, Andrea Moretti e Federico Mattiangeli. Il pool di difensori ha sempre dichiarato che “l’ordine di acquisto dei titoli deve essere firmato in modo che sia chiara e univoca la manifestazione di volontà del cliente della banca”. Cosa che non è avvenuta nella fase di transazione finanziaria tra il pensionato e la banca.
In primo grado il tribunale di Terni ha dato ragione al risparmiatore dichiarando nulla la transazione e obbligando la banca la restituzione dell’importo investito in quanto l’istituto di credito non ha potuto mostrare il documento dell’operazione con la firma del cliente. La banca è ricorsa in appello presso la corte di Perugia ma anche questa ha dato ragione al cliente costringendo la banca a versargli subito i 50 mila euro elargiti per l’investimento più 6 mila euro di interessi che in fase di appello, il pool di avvocati, aveva richiesto come danno aggiuntivo. Si tratta di una sentenza che farà giurisdizione nei rapporti tra risparmiatori ed istituti di credito in fase d’acquisto di titoli ad alto rischio.