Il gruppo Sangemini ha 180 giorni per presentare un piano industriale efficiente ed adeguato, che consenta da una parte di convincere i creditori e dall’altra la continuità produttiva con il salvataggio di tutti i livelli occupazionali. E’ quanto emerso ieri nel primo tavolo di crisi che si è svolto in Regione alla presenza dell’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Vincenzo Riommi, del proprietario del gruppo, Rizzo, del direttore commerciale e risorse umane, Stefano Gualdi, dei segretari di Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil, Cgil, dei rappresentanti di Gepafin e Sviluppumbria Bottachiari e del sindaco di San Gemini, Grimani.
La decisione da parte dell’azienda di richiedere il concordato preventivo in bianco ha lasciato spiazzati tutti tra istituzioni, sindacati e lavoratori, soprattutto dopo che un mese primo il direttore Stefano Gualdi aveva garantito un piano industriale in cui ci sarebbe stata un aumento di produzione e la salvaguardia di tutti i posti di lavoro.
Le cose in un mese sono cambiate, soprattutto per quanto riguarda l’ammontare dei debiti che, pare, si aggirino intorno ai 100 milioni di euro. Una delle cause principali che ha portato il gruppo in questa situazione di grande difficoltà è, senza ombra di dubbio, la questione legata all’imbottigliamento dell’acqua Fiuggi, con lo stabilimento di Spelegato passato dalle mani del gruppo umbro a quello del comune laziale, dopo la sentenza emessa dal tribunale di Frosinone (qui l’articolo). Una decisione dai risvolti traumatici che in parte ha contribuito alla creazione della situazione attuale in cui versa la Sangemini. Sindacati ed istituzioni rimarranno sempre vigili finché non verrà presentato un nuovo piano. In quest’ottica è previsto un nuovo tavolo il prossimo 26 aprile in cui verrà discussa l’organizzazione del lavoro e i programmi di vendita della nuova stagione.