Se all’Ast non si ride (stamattina al Ministero per lo sviluppo economico è in corso un tavolo per discutere dell’accordo che dovrebbe salvaguardare il piano occupazionale: assente il ministro Federica Guidi), all’Elettrocarbonium si piange. E si piange tanto.
La multinazionale che da due anni è proprietaria dello storico stabilimento narnese è a un passo dalla chiusura, affossato dai debiti. Il liquidatore della SGL Carbon Marco Petrucci ha chiesto giorni fa all’amministratore delegato di Elettrocarbonium Michele Monachino la riconsegna delle chiavi della fabbrica. Con questo atto, suggellato da una lettera, di fatto viene sancita la fine dell’esperienza del gruppo alla guida della fabbrica. Gruppo che nelle scorse settimane aveva imputato pesanti responsabilità per l’attuale situazione alle istituzioni locali.
Da tempo come è noto i lavoratori sono sul piede di guerra, ce l’hanno con l’Ad Monachino, accusato di non averli tutelati e ora non sanno più quale sarà il futuro. Nei giorni scorsi avevano occupato i binari della stazione, oggi i sindacati hanno proclamato un nuovo sciopero, dalle 22 di stasera, a seguito dell’ultimo provvedimento: è stata infatti staccata l’acqua al sito narnese. Nei giorni scorsi, Snam aveva sospeso quella del gas.
Le segreterie nazionali, regionali e provinciali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, in una lettera aperta chiedono che siano avviate le procedure di licenziamento collettivo per poter riattivare la mobilità che era partita nel gennaio 2015: “A seguito del distacco idrico avvenuto nella mattinata che porta a minare le norme igienico sanitarie a discapito dei lavoratori operanti nel sito – scrivono – e a seguito della vostra comunicazione di far uscire dalla fabbrica, entro 15 giorni, tutto il materiale di vostra proprietà, azione palesemente contrastante con la vostra richiesta di apertura di cassa integrazione per la quale non abbiamo dato riscontro in quanto via non percorribile”. Lo sciopero con blocco della portineria “perdurerà finché non verranno saldate tutte le spettanze arretrate: stipendio di febbraio 2016, quote relative ai fondi Fonchim (ovvero quelli previdenziali) e Faschim (cioè l’assistenza sanitaria) a partire dal mese di ottobre 2015, nonché i contributi”.
Elettrocarbonium dunque ormai nel baratro: nessuno sa bene cosa arriverà al suo posto, se un altro imprenditore o altro, perché tutti gli incontri che ci sono stati al Mise anche per trovare nuovi eventuali acquirenti sono andati a vuoto. Nessuno sa che fine faranno i lavoratori. Di certo, restano per ora i debiti. Le ditte esterne che lavorano per la fabbrica reclamano crediti che sfiorano i 400 mila euro con oltre trenta lavoratori senza stipendio, alcuni da mesi. La produzione è ferma da tempo, ma questo ormai è un dettaglio.