Pene ridotte per tutti gli imputati: è la sentenza della Corte d’appello di Torino in merito al processo Thyssen-Krupp sul rogo avvenuto nel dicembre 2007 alla linea 5 dello stabilimento torinese dell’azienda, dove persero la vita 7 operai. Coinvolti nel procedimento l’attuale amministratore delegato delle acciaierie di Terni Pucci e il suo predecessore Espenhahn.
Nel secondo grado che è arrivato oggi a sentenza, sono state riformate tutte le condanne emesse in primo grado dalla Corte d’assise del tribunale di Torino con relativi sconti di pena. In particolare, quella dell’ex amministratore delegato Harald Espenhahn, condannato a sedici anni e mezzo per omicidio volontario con dolo eventuale (sentenza storica in quanto mai un datore di lavoro era stato condannato per omicidio volontario), è stata riformata in omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente riducendo la sua pena a 10 anni di carcere. Pena ridotta perché non ci fu dolo anche per l’attuale amministratore delegato della Tk-Ast di Terni, Marco Pucci, che passa dai 13 anni e mezzo inflitti in primo grado ai 7 anni di carcere. Stessa riduzione di pena per Gerald Priegnitz, membro esecutivo del board aziendale. Per gli altri tre alla sbarra, infine, sono state ridimensionate le pene a 9 anni per il responsabile tecnico Daniele Moroni, 8 anni e sei mesi per Raffaele Salerno, direttore dello stabilimento di Torino e 8 anni per Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza dell’impianto di corso Regina Margherita.
Alla lettura delle sentenze, effettuata dal presidente della corte Gian Giacomo Sandrelli, è scoppiata la rabbia dei familiari delle vittime presenti nella maxi aula del palazzo di giustizia che hanno gridato “maledetti”, “questa è la giustizia italiana”, “che schifo” e “vergogna” dichiarando infine che “non accetteremo mai questa sentenza, così hanno ammazzato nuovamente i nostri figli”. Il pm Raffaelle Guariniello, ha cercato di calmare gli animi dei presenti dichiarando che si tratta comunque di “una sentenza storica perché ha comminato pene elevate per i massimi dirigenti italiani della multinazionale tedesca”.