L’inceneritore Terni-ENA di Maratta potrebbe riprendere a bruciare pulper già a novembre e il Comitato No Inceneritori Terni non ci sta. Per questo motivo sta organizzando diverse iniziative preambolo della manifestazione del 27 ottobre con cui invita i cittadini ternani ad opporsi alla riaccensione. Sabato scorso al Fat bar ha dato vita ad un dibattito pubblico con Marino Ruzzenenti, esponente dei comitati contrari all’inceneritore di Brescia ed autore del libro “L’Italia sotto i rifiuti” e Andrea Palladino giornalista e autore del libro “Trafficanti. Sulle piste di veleni, armi, rifiuti”. Un dibattito in cui il mito dell’inceneritore “modello” è stato smontato denunciando il pesante impatto che ha sull’ambiente e mettendo in evidenza lo stretto rapporto, spesso malsano, che si crea tra questo tipo di gestione dei rifiuti e il potere politico.
Ruzzenenti ha portato l’esempio dell’inceneritore di Brescia, considerato dai pro-incenerimento, un modello da seguire e replicare. Ruzzenenti ha parlato degli altissimi valori di polveri sottili presenti nella città lombarda, livelli di Pm10 molto alti anche in agosto, quando le acciaierie lombarde sono quasi inattive, il traffico è limitato e solo l’inceneritore lavora a pieno regime. Oltre all’inquinamento, Ruzzenenti ha messo in luce come l’inceneritore sia “inefficiente anche nella produzione di energia: quella prodotta dall’incenerimento costa tra le 6 e le 10 volte in più rispetto a quella prodotta da centrali a metano. Spesso, per far apparire conveniente l’incenerimento dei rifiuti, questo si mette a confronto con la discarica, ma è un confronto totalmente sbagliato: il confronto dovrebbe essere fatto con il recupero dei materiali ed il riciclo. E diversi studi hanno già dimostrato come il riciclo sia economicamente conveniente rispetto all’incenerimento”. E allora perché si continua a bruciare rifiuti? Per Ruzzenenti il motivo sta tutto negli incentivi pubblici: “L’energia prodotta dagli inceneritori è erroneamente considerata proveniente da fonte rinnovabile e per questo è fortemente sovvenzionata”.
Palladino ha messo in luce lo stretto rapporto tra gestione dei rifiuti e potere politico. Ha ricordato il caso della discarica Pitelli di La Spezia, oggi sequestrata e chiusa, oggetto di un processo per disastro ambientale, e intorno al quale era nata una sorta di tangentopoli. Il giornalista ha poi ripercorso alcune incredibili vicende legate alla gestione dei rifiuti laziali, dal caso Malagrotta a quello Colleferro sottolineando che “la gestione laziale si ricollega direttamente a quella ternana visto che ACEA è proprietaria di inceneritori in entrambe le regioni. Terni è centrale per il progetto politico e imprenditoriale di ACEA, AMA e Cerroni che, come emerso in fuori onda di De Carlo a Report, punta a gestire il ciclo dei rifiuti in tutto il Centro Italia. La resistenza a questo sistema è necessaria. L’inceneritore infatti avvelena non solo l’ambiente ma tutta la società, la politica, l’economia”.
Ruzzenenti ha ribadito che “dall’inceneritore viene fuori una valanga di Pm10. Anche bruciare soltanto gli scarti di cartiera, il cosìdetto pulper, è dannoso. Il pulper infatti non è semplice biomassa, ma è composto al 70% da plastica ed è pieno di cloro la cui combustione produce molta diossina”.
Per Ruzzenenti “la storia industriale di Terni è ampiamente documentata mentre c’è scandalosamente troppo poco sull’inquinamento che questa industrializzazione ha causato. E’ infatti impossibile che Ast e polo chimico attivi per moltissimi anni non abbiano lasciato una pesante eredità a livello ambientale. Andrebbe quindi indagato anche questo aspetto del passato ma non si fa per evitare di mettere in discussione il presente. Da questo punto di vista, a Terni c’è molto da fare”.